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Alberto Vigevani - Inseguendo Foscolo

Data 01/12/2020       Categoria Articoli e pubblicazioni
Autore Admin

Alberto Vigevani - Inseguendo Foscolo

Più dei Sepolcri, i cui splendidi versi echeggiano di un’alta aura retorica, non soltanto cara all’epoca ma pure al temperamento di Ugo Foscolo, ho amato i dodici sonetti e le due odi, e quasi a malincuore assunsi il ruolo di ‘patito foscoliano’ per la fortuna che ebbi, da libraio antiquario, seguendo le orme di lui in Inghilterra, non ricordo se nel mio primo viaggio, nel ’48, o nel secondo, nel ’50, quando Londra era ben lontana dall’aver minimamente suturate le ferite dei terribili bombardamenti.

I grandi librai italiani (a parte i maggiori locali, come Goldschmidt o Davis) frequentavano castelli o aste a caccia di manoscritti danteschi o petrarcheschi, o decorati da splendide miniature di artisti italiani. Un Petrarca con miniature del Belbello mi capitò di trovare dai Maggs. Dovevo accontentarmi, salvo simili eccezioni, o altre assai minori, come le Vedute o le Carceri di Piranesi (costavano allora pochi soldi) o le Vedute di Canaletto che si potevano rinvenire anche nei grandi magazzini di secondhand in Cambridge Circus. Ma ancora piu facile e più a buon mercato era trovare sugli scaffali dei librai più d’un esemplare delle Opere di Dante a cura del Foscolo, i suoi Essays on Petrarch (il primo che mi capitò era dedicato a Lady Barbarina Dacre), il delizioso Decamerone in tre volumi con le illustrazioni tirate su carta di Cina: il più delle volte rilegati con eleganza in mezzo marocchino arancio o limone.

Tornato in Italia con discreto bottino, che completai con gli acquisti dei Sepolcri del Bettoni, dell’Ortis del 1802 e delle rarissime Poesie del De Stefanis oltre che della rara Ipercalisse, feci contenti alcuni amatori, come Raffaele Mattioli e soprattutto un giovane medico mio coetaneo, Gianfranco Acchiappati, che presto divenne un fanatico ed espertissimo collezionista. Al mio secondo, o terzo viaggio in Inghilterra, Uberto Limentani, esule per le persecuzioni razziali, divenuto lettore di letteratura italiana al Corpus Christi College dell’Universita di Cambridge, studioso di Salvator Rosa, mi presentò al decano del College, Vincent, cultore di Foscolo e autore di saggi sul suo soggiorno in Inghilterra, che mi cedette i discorsi scritti da Foscolo per Hobhouse e lettere autografe sue ad alcuni amici o protettori inglesi, come lo stesso Hobhouse, Roger Wilbraham, Lady Dacre e Lord Holland.

A un terzo o forse quarto viaggio – non come quelli di oggi in aereo, ma in treno e poi in nave, accompagnati dai giochi di bianchi gabbiani, arrivati a Dover ci si imbarcava sul vagone pullman per godere in comode poltrone di un lussuoso tè – incominciai ad apprezzare l’alta cucina inglese, polemizzando con i compatrioti che vagavano per Piccadilly e Soho alla disperata ricerca di spaghetti al dente e di caffe espresso. Limentani doveva aver parlato a Vincent di questo apprezzamento, favorito dalla mia frequentazione di ristoranti come Simpson e Wheeler, oltre che del Reform Club, dove mi invito Gabriele Baldini, figlio di Antonio e secondo marito di Natalia Ginzburg, raffinato buongustaio e gran bevitore. Fui quindi solennemente ricevuto da Vincent nella sala da pranzo, fasciata di mogano di Cuba e riservata agli ospiti di riguardo. Limentani aveva tra l’altro rivelato la mia passione per un piatto da molti considerato volgare, e cioe il Kidney pie, che trovai squisito: accompagnato da uno Chateau Margaux del 1937.

Alla fine dell’ottimo pranzo, Vincent mi diede da sfogliare il catalogo dei vini della cantina del College, che conteneva – mi parve straordinario – sedicimila bottiglie di grandi annate di vini francesi, come Chateau Lafite, Chateau Margaux, Chateau d’Yquem, oltre ai vari Vouvray, Muscadet, ecc. Poi mi portarono, mi pare al Trinity College, a visitare la biblioteca di Samuel Pepys – autore del famoso e appassionante diario, esemplare ritratto della vita inglese del tempo, alla cui scarsa moralità partecipò come Primo Lord dell’Ammiragliato. La biblioteca, dalle legature facilmente riconoscibili, era stata lasciata a Cambridge alla condizione che, se un solo volume fosse stato smarrito o rubato, l’intera biblioteca dovesse passare a Oxford. E Oxford manda ogni anno a controllare i volumi, mentre Cambridge cerca, se ne passano sul mercato, di acquistare, per ogni eventualità, volumi appartenuti a Pepys, facilmente riconoscibili appunto dalle legature. La mia storia anglo-foscoliana non finisce con la biblioteca del non irreprensibile Samuel Pepys. Trascorso qualche anno, il maggior collezionista, Acchiappati, continuava a raccogliere, ma con minor lena; invece le pretese economiche di Vincent, ormai in pensione, e il novero delle sue scoperte aumentavano. A parte un acquerello che ritraeva Foscolo e proveniva da Holland House, non trovai altro, finché Vincent non mi scrisse proponendomi un insieme mirabile di cimeli, che non mi sentii, e nemmeno Acchiappati, di pagare. Tra l’altro c’erano il grande ritratto dipinto da Filippo Pistrucci e lo scrittoietto di forma assai originale (‘a fagiolo’) e di legno prezioso lasciato dal poeta a un amico banchiere, Hudson Gurney, che lo aveva aiutato in uno dei tanti momenti difficili del soggiorno inglese: scrittoio su cui aveva composto parte de Le Grazie. V’erano anche libri di Foscolo e lettere autografe ad amici londinesi.

Su rifiuto di Acchiappati proposi l’insieme alla dottoressa Coen Pirani, direttrice della Biblioteca di Brera, per favorire la costituzione di una saletta foscoliana (pendant della manzoniana), ma anch’ella rispose di non disporre dei fondi necessari. Non volevo lasciar passare l’occasione, che si sarebbe difficilmente ripetuta, di un acquisto foscoliano tanto importante. Mi rivolsi allora a un alto funzionario della Cariplo, colto e bibliofilo, il dottor Zanoli, che convinse la banca a mettere a disposizione la somma necessaria. Rifiutando ogni commissione, misi in contatto Vincent con Brera, ma presto mi pentii d’averlo fatto, perché, aperte le casse foscoliane davanti alle autorità e alla televisione, le ricevette, gloriandosene, la dottoressa Coen Pirani, che dimenticò d’invitare sia chi aveva ideato e condotto ogni cosa, sia chi ci aveva aiutato. La saletta foscoliana non venne costituita e così, per le tergiversazioni di altri bibliotecari, Acchiappati, che aveva deciso di legare la sua raccolta a Brera, la donò invece, qualche anno piu tardi, all’Università di Pavia, tramite l’ostinata intelligenza di Maria Corti.

Della sua raccolta Acchiappati ha pubblicato il catalogo in tre volumi, scrupolosamente e criticamente redatti, che costituiscono un vero monumento bibliografico al poeta da lui amato per tutta la vita.

Alberto Vigevani
La febbre dei libri
Memorie di un libraio bibliofilo
Sellerio editore - Palermo




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