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Alberto Vigevani - Walter Benjamin bibliofilo

Data 01/12/2020       Categoria Articoli e pubblicazioni
Autore Admin

Alberto Vigevani - Walter Benjamin bibliofilo

Dapprincipio ‘librai’ furono umanisti, italiani o bizantini – e la caduta di Bisanzio, con la conseguente diaspora culturale, accrebbe l’entità del fenomeno –, che viaggiavano cercando codici e manoscritti, quando la stampa non era ancora nata, per i principi, dai Medici agli Este, da Federico da Montefeltro a Mattia Corvino. Umanisti librai come Vespasiano da Bisticci o Ciriaco d’Ancona. Ma anche lo stesso Petrarca, scopritore di testi rimasti ignorati per secoli, quali le Epistole ad Attico ciceroniane, creando quella preziosissima biblioteca per la quale la Repubblica di Venezia gli offrì in cambio una dimora. E poi venne la corte dei principi del denaro, come i Fugger, per fare soltanto un nome, fino ai Rothschild. Ma se nel secolo che sta per finire di Petrarca non ce ne furono (e come trovare una Laura, anche immaginaria?), ci fu uno dei maggiori scrittori del nostro tempo a me particolarmente caro e del quale ancora mi attrista la terribile fine – almeno in certe pagine di Infanzia berlinese o in quelle ispirate da Baudelaire dei Tableaux parisiens in Passagen-Werke, raccolte da Einaudi in Parigi, capitale del XIX secolo –, Walter Benjamin, figlio in eterno contrasto di un padre raffinato antiquario nella cui casa respirò la particolare ‘aura’ baudelairiana che finì per ispirargli il famoso saggio sull’opera d’arte nell’era della riproducibilità, in memoria del collezionista e critico d’arte Eduard Fuchs, che viene considerato una risposta del figlio al padre, collezionista di ‘pezzi unici’. Benjamin fu un bibliofilo accanito e collezionista di libri per bambini, a motivo delle loro illustrazioni. Dalla sua corrispondenza risulta che, eternamente assediato dalla mancanza di denaro, rifiutò sempre di vendere qualcuna delle sue ‘perle’ cui attribuiva il valore di ?citazioni del passato?. Sorprende, dice Hannah Arendt, nel suo Pescatore di perle, anche il fatto che, malgrado le costanti difficoltà economiche, sia riuscito nel corso degli anni ad ampliare la sua biblioteca. L’unica volta che tentò di negarsi quella sua costosa passione – frequentava le case d’aste nello stesso modo in cui altri frequentano i casinò – e addirittura considerò la possibilità di vendere in ?caso estremo? alcuni dei suoi pezzi, finì per sentirsi obbligato a ?mettere a tacere il dolore di questa possibilità? facendo nuovi acquisti. L’unico tentativo documentabile di liberarsi dalla dipendenza economica della famiglia si concluse con la richiesta al padre di ?un capitale con cui potrei entrare come socio in un negozio di libri antichi?. Il solo impiego remunerativo che Benjamin prese in considerazione.

Alberto Vigevani
La febbre dei libri
Memorie di un libraio bibliofilo
Sellerio editore - Palermo




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