Classici Italiani
L'opera della vita - 1632

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

L'opera della vita - 1632

GALILEI, Galileo (1564-1642). Dialogo... dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo Tolemaico, e Copernicano; proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche, e naturali tanto per l’una, quanto per l’altra parte . Firenze, Giovanni Battista Landini, 1632.

 

PRIMA EDIZIONE della più celebre opera scientifica italiana mai pubblicata.

Quando a Venezia nel 1610 Galileo si affrettò a pubblicare nel Sidereus nuncius le straordinarie scoperte da lui compiute l’anno precedente, a seguito della sua decisione di puntare nel cielo uno dei primi cannocchiali di invenzione olandese che cominciavano a circolare a quel tempo in tutta Europa, egli era ben consapevole della portata storica di quanto aveva osservato.

Anche se il matematico inglese Thomas

Harriot lo precedette di qualche mese nell’osservazione della luna, la rozzezza dei suoi risultati dimostra che questi non seppe interpretare correttamente quanto aveva visto. Galileo puntò invece il suo cannocchiale sulla luna nella piena convinzione che ciò che avrebbe osservato attraverso le lenti sarebbe stato perfettamente conforme alla realtà e, soprattutto, con l’intenzione di dimostrare che i corpi celesti sottostanno alle stesse regole del moto vigenti sulla terra. La scoperta dell’irregolarità della superficie lunare, delle macchie solari e dei satelliti di Giove fu la dimostrazione che la netta separazione, operata nella cosmologia aristotelico-tolemaica, fra mondo elementare, soggetto al cambiamento e alla degenerazione, e mondo celeste, perfetto ed immutabile, era falsa.

Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, che nelle intenzioni dell’autore doveva rappresentare una sorta di summa delle sue ricerche, egli volle dimostrare la correttezza del sistema cosmologico copernicano, confutando quella che da sempre costituiva la principale obiezione contro di esso, ossia l’idea che, se la terra ruota intorno al sole, questo dovrebbe essere verificabile attraverso il moto degli oggetti terrestri, che ne verrebbero inevitabilmente condizionati. Grazie alle sue indagini sul moto dei gravi, Galileo dimostrò la falsità di questa obiezione, aprendo la strada ad una piena accettazione della teoria eliocentrica.

Nonostante le precauzioni prese dall’autore, che nella lettera preliminare al lettore dichiarò di credere fermamente nella validità della dottrina tradizionale e compose l’opera in forma di dialogo, nel quale dei tre interlocutori il primo si fa sostenitore del sistema tolemaico, il secondo di quello copernicano e il terzo funge da mediatore, l’opera fu subito condannata da papa Urbano VIII e l’anno seguente messa all’Indice. Dopo l’arresto e il celebre processo, che terminò con l’abiura, Galileo fu costretto ad essere più prudente e, quando nel 1638 pubblicò a Leida i Discorsi e dimostrazioni matematiche, soppresse ogni possibile collegamento fra meccanica ed astronomia.

Originario di Pisa, figlio di un musicista e teorico musicale, Galileo Galilei all’età di circa dieci anni fu introdotto nella scuola del celebre monastero di Santa Maria a Vallombrosa. Nel 1581 s’iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Pisa. Fra il 1585 e il 1589 approfondì a Firenze lo studio della matematica e della fisica. Nel 1588, nonostante l’appoggio di Guidobaldo del Monte, non riuscì ad ottenere la cattedra vacante di matematica presso l’Università di Bologna, venendogli preferito l’astronomo Giovanni Antonio Magini. In quegli stessi anni coadiuvò il padre nelle ricerche musicali che questi andava compiendo sulla lunghezza e tensione delle corde degli strumenti in opposizione all’altro grande teorico del tempo, Gioseffo Zarlino. La raccomandazione di Del Monte gli valse però nel 1589 la cattedra di matematica a Pisa. Nella città toscana, a parte l’appoggio del medico Girolamo Mercuriale e del fisico romano Luca Valerio, con cui strinse amicizia, Galileo fu avversato dal corpo docente per il discredito che i suoi esperimenti gettavano sulle teorie aristoteliche. Alla scadenza del contratto triennale decise quindi di lasciare Pisa e trasferirsi a Padova, dove nel frattempo aveva sottratto la cattedra al Magini, anch’egli candidato.

Il clima padovano era completamente differente e gli permise di avere rapporti cordiali anche con aristotelici intransigenti come Cesare Cremonini. Dopo la pubblicazione del Sidereus nuncius, che ebbe immediata eco europea (l’opera fu subito ristampata a Francoforte), Galileo si recò a Roma, dove fu bene accolto dal collegio dei Gesuiti, cui aveva esposto le sue scoperte, e fu ammesso nell’Accademia dei Lincei, la prima accademia scientifica del mondo, fondata da Federico Cesi nel 1603.

Sotto gli auspici dei Lincei Galileo pubblicò il Discorso sulle cose che stanno in sull’acqua (1612), le lettere Sulle macchie solari (1613) e il Saggiatore (1623), testo polemico dedicato al neoeletto papa Urbano VIII, nel quale, senza sostenere apertamente il sistema copernicano, in merito al quale nel 1616 aveva ricevuto una diffida, egli volle dimostrare la validità delle proprie teorie sul moto e stabilire una chiara distinzione fra i campi di competenza della scienza e della teologia.

Nei sei anni seguenti si dedicò alla stesura del Dialogo. Dopo la condanna che seguì la pubblicazione dell’opera, Galileo dovette fronteggiare due gravi problemi: quello della vista (negli ultimi tempi divenne completamente cieco) e quello della proibizione di pubblicare qualsiasi opera. Fu per questo motivo che nel 1638 inviò in Francia il manoscritto dei Discorsi e dimostrazioni matematiche, che fu poi stampato a Leida. Sorretto dall’aiuto della figlia e dell’allievo Vincenzo Viviani, che ne erediterà le carte, Galileo morì ad Arcetri nel 1642, subendo anche da morto l’ostracismo di Urbano VIII che non volle riservargli nemmeno una degna sepoltura.

Galileo Galilei può essere considerato come il primo vero iniziatore del metodo sperimentale condotto secondo le attitudini e i principi della scienza moderna. La sua eredità fu raccolta dal Viviani, che si occupò di editare la sua opera (Bologna, 1655-’56), e da altri giovani scienziati, tra i quali spiccano i nomi di Evangelista Torricelli e Bonaventura Cavalieri. Più circoscritta fu invece la sua influenza fuori dall’Italia, in un periodo in cui la cultura europea era dominata dalla personalità di René Descartes.

 

Descrizione fisica. Un volume in 4to di pp. (8), 458, (32). Con un bel frontespizio inciso in rame da Stefano della Bella, che raffigura Galileo intento a parlare con Tolomeo e Copernico, e numerosi diagrammi in legno nel testo. A p. 92 si trova quasi sempre incollata sul margine esterno una strisciolina di correzione, mentre a p. 192 la lettera H del diagramma è solitamente aggiunta a penna.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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