Classici Italiani
Il maggior cabalista italiano del Cinquecento - 1525

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

Il maggior cabalista italiano del Cinquecento - 1525

ZORZI, Francesco (1460-1540). De harmonia mundi totius cantica tria. (Venezia, Bernardino Vitali, settembre 1525).

 

PRIMA EDIZIONE, dedicata a papa Clemente VII, di questa importante opera filosofica che compendia le dottrine platoniche, ermetiche e cabalistiche su Dio, l’anima e la creazione del cosmo. Articolandosi sotto forma di sistematico inventario di simboli, essa delinea l’universo come un’armonia musicale governata da leggi numeriche che si ripetono a tutti i livelli del creato. Nell’affrontare i nodi teologici più controversi, Zorzi sviluppa una propria teologia che si discosta sovente dalle auctoritates riconosciute. I censori riconobbero presto l’eterodossia del testo e lo condannarono all’Indice.

La maggior originalità del pensiero dello Zorzi risiede nel fatto che egli fu il primo e più importante autore cristiano a scoprire il valore letterario e metaforico della tradizione ebraica. Grazie a lui l’immaginario ebraico divenne una delle fonti segrete della letteratura europea. In Francia, dove il De harmonia mundi fu ristampato nel 1544, il suo misticismo si diffuse soprattutto grazie alla traduzione francese che ne diede Guy le Fèvre de Boderie (Parigi, 1578). In Inghilterra, dove il suo nome era già conosciuto da quando nel 1530 egli aveva contribuito alla causa del divorzio di Enrico VIII, andando a ripescare e traducendo alcuni testi concernenti la tradizione del levirato ebraico, la sua influenza attraversò il circolo di Robert Fludd e John Dee, per giungere fino a John Milton.

Ispirato dagli scritti di Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Johannes Reuchlin, Zorzi si dedicò allo studio della lingua santa e della cabala con l’aiuto di alcuni studiosi ebrei, tra i quali il celebre tipografo Girolamo Soncino e il coltissimo convertito Marco Raphael. Oltre a giovarsi dell’imponente biblioteca lasciata dal cardinale Domenco Grimani al convento di Sant’Antonio, che comprendeva tra l’altro libri ebraici acquistati dagli eredi di Pico, Zorzi si formò una ricca collezione di manoscritti e testi a stampa in lingua ebraica. A questo proposito, vale la pena ricordare che intorno al 1511 aveva cominciato la sua attività a Venezia il grande tipografo Daniel Bomberg.

Del misticismo cabalistico, Zorzi colse soprattutto l’importanza dell’analisi linguistica dell’ebraico. Egli vide infatti nella singola parola ebraica la possibilità di sintetizzare diversi aspetti della realtà e complessi concetti filosofici. Da un lato la struttura grafica della lingua sacra, che combina consonanti, vocali ed accenti, allude alla segreta unione fra materia, forma e spirito. Dall’altro la sua musicalità trova corrispondenza nell’armonia, concepita appunto in senso musicale, della creazione. Secondo i cabalisti, quando Adamo diede un nome alle cose, le parole da lui scelte influenzarono la natura e l’identità stessa delle cose.

Francesco Zorzi (o Giorgi o Giorgio) nacque a Venezia da nobile famiglia. Nel 1481 entrò nell’Ordine francescano dei frati minoriti. Nel 1493 compì un viaggio in Terra Santa, dove ebbe modo di approfondire la conoscenza dell’ebraico, da lui probabilmente appreso a Padova al tempo degli studi.

Apprezzato predicatore, Zorzi godeva della stima delle autorità civili e religiose della Repubblica e poté quindi muoversi per tutta la con l’oligarchia al potere, egli prese parte ad importanti negoziati politici.

Negli ultimi anni della sua vita il doge Andrea Gritti lo incaricò di affiancare Jacopo Sansovino nei lavori di ampliamento della chiesa e del convento di S. Francesco della Vigna, che divenne in seguito una delle più importanti di Venezia e alla quale lavorò anche Andrea Palladio. Gli architetti seguirono i consigli esoterici dello Zorzi per fissare le proporzioni dell’edificio, secondo uno schema che intercettava le segrete armonie cosmiche.

Nel 1536 pubblicò a Venezia la sua seconda opera, In scripturam sacram problemata, che fu anch’essa condannata delle autorità ecclesiastiche dopo la sua morte, avvenuta ad Asolo nel 1540. Il commento che egli dedicò alle Conclusiones cabalisticae di Pico, fu stampato solo postumo sotto il falso nome di un suo discepolo, Arcangelo da Borgonovo (Bologna, 1564).

 

Descrizione fisica. Due parti in un volume in folio di cc. (14), CCCXXXVIII, CXXXVI, 2 bianche. Capilettera ornati. Con una figura in legno nel testo.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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