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APPLICAZIONE DEL CODICE URBANI ALLA TUTELA DEI BENI LIBRARI

Data 01/12/2020       Categoria Articoli e pubblicazioni
Autore Admin

APPLICAZIONE DEL CODICE URBANI ALLA TUTELA DEI BENI LIBRARI

Firenze, 25 Maggio 2005.
On. Rocco Buttiglione
Ministro per i Beni e le Attività Culturali
Egr. On. Buttiglione,

facendo seguito all'intervento del nostro Presidente al Convegno “Il Codice Urbani e la circolazione dei beni culturali” svoltosi a Torino il 21 marzo scorso, sottoponiamo alla sua attenzione la grave situazione in cui si trovano librai antiquari italiani a causa della situazione legislativa che concerne soprattutto l’esportazione dei beni librari.
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, pur chiarendo alcuni punti controversi, risulta ancora di fatto inapplicabile per quanto riguarda l’esportazione dei beni librari, in quanto manca il regolamento attuativo che, pur previsto anche nei precedenti decreti, non è mai stato stilato. Resta pertanto in vigore il R.D. 30 gennaio 1913 n. 363 che contiene soltanto riferimenti generici o desueti. La conseguenza è che per ottenere gli attestati e le licenze di esportazione previsti dalla legge occorre adattarsi alle più strane e onerose procedure, sulla base di semplici accordi verbali e non di regole scritte (un esempio eclatante è la regione Lombardia, di cui possiamo fornire una completa documentazione), oppure rinunciare del tutto all’esportazione.
Questa situazione, che danneggia e avvilisce chi cerca di lavorare nel rispetto delle leggi, è causata semplicemente dal fatto che non esistono regole chiare e uguali per tutti.
Due sono gli obblighi di legge previsti dal Codice a cui è materialmente impossibile ottemperare: 1) Tenuta del registro di P.S.: “Coloro che esercitano il commercio delle cose indicate al comma 1 annotano giornalmente le operazioni eseguite nel registro prescritto dalla normativa in materia di pubblica sicurezza, descrivendo le caratteristiche delle cose medesime. Con decreto adottato dal Ministro di concerto con il Ministro dell’interno sono definiti i limiti di valore al di sopra dei quali è obbligatoria una dettagliata descrizione delle cose oggetto delle operazioni commerciali” (art. 63 c.2). Il decreto previsto da questo comma non è ancora stato emanato. Senza tale decreto si dovrebbe descrivere nel registro qualunque libro avente più di cinquant’anni indipendentemente dal suo valore, ma è chiaro che nessun libraio può ragionevolmente ottemperare a tale obbligo.
2) Richiesta di attestato di libera circolazione e licenza di esportazione definitiva - Obbligo di presentare i beni da esportare al competente ufficio della Regione: “Chi intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica le cose e i beni indicati nell’articolo 65, comma 3, deve farne denuncia e presentarli al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuno di essi, il valore venale, al fine di ottenere l’attestato di libera circolazione” (art. 68 c. 1). I beni indicati nell’articolo 65, comma 3, non sono solo incunaboli, manoscritti ecc., per i quali è sacrosanto richiedere l’attestato di libera circolazione, ma tutti i libri aventi più di 50 anni. E questo è assolutamente irragionevole, perché a parte rarissime eccezioni - cioè libri che eventualmente manchino nelle biblioteche nazionali - tutti i libri antichi e usati otterrebbero senza nessun problema l’attestato. E’ del tutto evidente che, per esempio, i librai lombardi non possono recarsi ogni volta all'ufficio di Milano (unico competente per la Lombardia) a presentare un libro, magari di poche decine di euro, per ottenere l’attestato. D’altronde, nel caso lo facessero, gli uffici competenti sarebbero paralizzati dalla mole di lavoro, per lo più inutile, da svolgere.
Per entrambi i punti la soluzione sarebbe semplice: estendere ai due articoli citati l'applicazione dell’Allegato A, il documento in appendice alla legge che fissa alcune soglie di valore che, come già detto, sono applicate anche per la esportazione in quasi tutti i paesi europei.
In alternativa definire con precisione la nozione di “importante interesse”, che nel Codice dei Beni Culturali resta come in passato generica e priva di riferimenti oggettivi.
In questo modo la stragrande maggioranza dei libri antichi e usati attualmente in commercio, che non rivestono alcuna importanza ai fini della tutela del patrimonio nazionale non avrebbero bisogno di licenza e le soprintendenze, liberate da un’incombenza umiliante e da un’enorme mole di lavoro perfettamente inutile, potrebbero occuparsi con maggior tempo e impegno dei libri veramente importanti, degli autografi, dei manoscritti, dei pezzi unici ecc.
Un altro aspetto ci preme di sottolineare: quello della notifica, che in Italia viene per lo più esercitata senza l’acquisto del bene da parte dello Stato. Che «importante interesse» potrebbe avere ciò che non ci si impegna ad acquistare? La notifica, in questo modo, sembra essere più un atto di prepotenza che un atto di tutela. In Gran Bretagna ed in Germania praticamente la notifica non esiste, mentre, in Francia, l’asta viene lasciata svolgere regolarmente, senza turbative; solo dopo l’aggiudicazione, un funzionario in sala, dichiara che il bene è stato «préampté» da una biblioteca pubblica. Dopodiché, il libro viene acquistato dallo Stato allo stesso prezzo, oppure viene lasciato libero. Questa situazione ci penalizza ulteriormente nella competitività con la concorrenza straniera.
Per questo motivo L'ALAI Associazione Librai Antiquari d'Italia chiede:
1) Che sia possibile applicare anche agli articoli n. 63 c. 2 e n. 68 c. 1. l’Allegato A del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
2) Che venga definita al più presto la nozione di “importante interesse”, cruciale nell'applicazione della legge. A nostro parere un libro è da considerarsi di “importante interesse” nei seguenti casi:
a) quando un libro ha caratteristiche tali da renderlo un pezzo unico. Codici miniati, manoscritti, libri glossati da eminenti figure della storia della cultura, alcuni rari incunaboli ecc.
b) quando un libro manca a tutte le biblioteche pubbliche nazionali. In tutti gli altri casi la nozione di “importante interesse” non ha alcun significato, perché il libro, dall'incunabolo all'Oscar Mondadori, per quanto raro o prezioso possa essere, rimane incontestabilmente per definizione un multiplo.
3) Che le regole riguardanti la notifica prevedano l'impegno di acquisto, da parte dello Stato, delle opere giudicate di «importante interesse». L'impegno di acquisto è il più ragionevole ed efficace mezzo di tutela dei beni culturali.
4) Che venga al più presto redatto e pubblicato il Regolamento Attuativo previsto dal Codice dei beni Culturali e del Paesaggio.
5) Che per eventuali modifiche al Codice riguardanti i beni librari, la commissione preposta convochi, al fine di sentirne il parere, un rappresentante della nostra associazione che dal 1948 rappresenta autorevolmente i librai antiquari italiani nel nostro paese e nel mondo.
Sarebbe auspicabile, inoltre, che tale coinvolgimento possa essere esteso ogni qual volta vengono discussi argomenti tematici attinenti la normativa del libro antico.
A tal proposito saremmo onorati di avere un suo intervento ad una tavola rotonda che abbia come fine la soluzione dei problemi sopra indicati. Tanto più che tali problemi non riguardano solo l'aspetto commerciale, ma quello civile e culturale: il nostro lavoro non è solo comprare e vendere, ma è anche quello di conservare, di studiare e di arricchire il patrimonio culturale del nostro paese. Vorremo soltanto poter svolgerlo al meglio.
Le saremo grati, signor Ministro, per qualunque cenno di riscontro, e se vorrà partecipare all'incontro che si terrà a Roma presso la Sala del Cenacolo, a Palazzo Valdina (Camera dei Deputati), Vicolo Valdina 3/a, per venerdì 17 giugno alle ore 10,30 sul tema “Applicazione del Codice Urbani alla tutela dei beni librari”.
Cordiali saluti
Il Consiglio Direttivo dell'A.L.A.I.




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