CARLI, Gian Rinaldo (1720-1795). Delle monete e dell’instituzione delle zecche d’Italia, dell’antico e presente sistema di esse, e del loro intrinseco valore, e rapporto con la presente moneta dalla decadenza dell’Impero sino al secolo XVII. L’Aja (Venezia o Pisa), 1754; Pisa, Giovanni Paolo Giovannelli e C., 1757; Lucca, Jacopo Giusti, 1760.
PRIMA EDIZIONE di quest’opera fondamentale che si articola in otto Considerazioni. Carli dimostra di valutare l’Italia come un organismo economico unitario e affronta le questioni economiche come un problema nazionale. Egli tenta di fissare il valore delle monete antiche rispetto a quelle moderne e di ricostruire i prezzi dei secolo anteriori. Gli studi in campo monetario del Carli ebbero una certa influenza nel ducato di Milano e restano ancora oggi essenziali.
L’opera contiene acute osservazioni di tecnica finanziaria ed importanti pagine di storia economica, come, per esempio, quelle riguardanti l’influsso dell’oro americano sull’economia europea del Cinquecento.
Originario di Capodistria, Gian Rinaldo Carli fu educato dagli scolopi nel suo paese natale e a Flambro in Friuli. Nel 1739 si trasferì a Padova, dove, pur iscritto a giurisprudenza, seguì le lezioni di A. Vallisnieri, G. Poleni e J. Facciolati e strinse amicizia con A. Zeno e S. Maffei.
Membro dell’Accademia dei Ricovrati, pubblicò vari scritti di carattere erudito e alcuni pezzi tragici per il teatro. Nominato lettore di teoria dell’arte nautica e, dal 1746, di geografia presso l’ateneo patavino, nel 1748 sposò una ricca ereditiera, Carla Rubbi, di cui assunse il cognome, aggiungendolo al proprio. Alla morte della moglie, avvenuta solamente un anno dopo, si trovò a dover gestire un’ingente fortuna. Si dimise da ogni impegno universitario e cominciò ad interessarsi di questioni economiche, pubblicando nel 1751 Dell’origine e del commercio delle monete (L’Aia, ma probabilmente Venezia, 1751).
Dopo essersi risposato nel 1752 con una vedova pisana di nobile famiglia, cercò un impiego di corte a Milano, Torino e successivamente in Toscana, dove pubblicò la sua opera principale. Nel 1760 fece ritorno a Capodistria, dove si costruì una villa e tentò di rinnovare la cultura locale. Rimasto in contatto con gli illuministi lombardi, scrisse articoli sul “Caffè” e nel 1765 fu nominato presidente del Supremo Consiglio di economia e consigliere della nuova Deputazione per gli studi del ducato di Milano.
Negli anni successivi il suo atteggiamento moderato lo portò a frequenti scontri con il più innovativo Verri, ma i due furono costretti a lavorare fianco a fianco per volontà di Maria Teresa e del cancelliere W.A. von Kaunitz. Nonostante gravi problemi familiari, fu operosissimo fino agli ultimi giorni. Curò personalmente l’edizione delle sue Opere, che uscì a Milano in diciannove volumi fra il 1784 e il 1787. Morì vicino Milano nel 1795.
Descrizione fisica . Tre volumi in quattro tomi in 4to. Tomo I: pp XVIII, (2), 474, (2) con 9 tavole calcografiche di monete a piena pagina e 3 tabelle ripiegate fuori testo; Tomo II: pp. XVI, 502, (2); Tomo III, parte prima e seconda: pp. VIII, 311, 1 bianca + pp. (2), 303, 1 bianca, 4 con complessive 10 tabelle fuori testo, in gran parte ripiegate. Alcuni esemplari del primo volume recano come luogo di stampa “In Mantova” anziché “A l’Aja”.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010