UN RICORDO DI ITALO ROTA
UN RICORDO DI ITALO ROTA
Aveva preso a frequentare la mia libreria nei primi anni del Duemila, facendomi visita di tardo mattino e finendo spesso per fermarsi a pranzo con me. Passavamo, poi, le torpide ore del primo pomeriggio a parlare di libri, a bottega chiusa. Da allora non ha smesso di frequentarla, fino a poche settimane fa.
Era un uomo davvero singolare, Italo Rota. E non solo nel vestire, con abiti di fogge eccentriche e colori vivaci. Era singolare in ogni aspetto del suo comportamento, da vero enfant gâté, cui si perdona, si concede tutto. Per timore di essere aggredito, aggrediva. Contraddiceva sempre, tutto e tutti, ma per gioco, un gioco – beninteso – sempre intelligente, denso di felici allusioni, fatte per misurare il proprio interlocutore e comprendere fino a che punto poterci giocare, o aprirgli il proprio cuore.
A me, ad esempio, era solito dire che ero un uomo noiosissimo, che non capivo nulla di libri e di scrittori perché amante di poeti e stampatori neoclassici.
Non credo la pensasse davvero così. Ma una cosa è certa: attendeva che io contrattaccassi, parlando con tutto il disprezzo possibile dei più bei libri di architettura e in particolare di quelli novecenteschi, che lui adorava. E quando riuscivo ad assestargli una stoccata efficace, ecco che le sue labbra si facevano strette, strette, per trattenere il riso. Ed i suoi occhi brillavano, di simpatia.
A forza di incontri – e di scontri sempre più divertenti – Italo Rota ha smesso progressivamente i panni dell’affermato architetto, in burbanzosa visita al Muro di Tessa, ed è divenuto per me – come per tutti gli amici della mia bottega – il Grinch. Ad ogni ingresso sfoggiava insofferenza; usciva dalla libreria con il sorriso, a passi veloci, da furetto.
Il Grinch. Con quel nomignolo ho continuato a salutarlo fino a quando la malattia è giunta a rendere stretto, più intimo il nostro rapporto. Prima io, poi lui abbiamo cominciato a combattere la nostra più difficile battaglia. Ed ora non riesco a trattenere la commozione nel pensare che Italo mi si sedeva vicino, lo corso anno, chiedendomi, quasi sottovoce, cosa fare, per non arrendersi alla paura. Chiedeva aiuto a me, molto più fortunato di lui… E non si accorgeva di aver da subito guardato al male con lo spirito lucido, pacato, di un saggio orientale, e di averlo iniziato ad affrontare con il coraggio di un leone.
Ora Italo ha concluso la sua lotta. E a pensarci, provo un vuoto immenso nell’animo, uno smarrimento che mi impedisce di procedere oltre. So che altri, tra noi librai, hanno avuto modo di conoscerlo, e sicuramente meglio di me potranno parlare di Italo Rota architetto, di Italo Rota bibliofilo e grande collezionista.
Io mi taccio, con tanta nostalgia per l’Italo Grinch.
Giovanni Biancardi