Classici Italiani
Il prestito ad interesse come strumento di progresso della civilità - 1744

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

Il prestito ad interesse come strumento di progresso della civilità - 1744

MAFFEI, Scipione (1675-1755). Dell’impiego del danaro libri tre alla Santità di Nostro Signore Papa Benedetto decimoquarto. Verona, Giannalberto Tumermani, 1744.

 

PRIMA EDIZIONE di questa celebre opera che ebbe il merito di riaprire in Italia il dibattito sull’usura, facendo proprie le tesi liberalizzatrici che sino ad allora erano state avanzate solo in area protestante.

Il libro venne infatti proibito e sequestrato e l’autore, a causa di esso, fu condannato dall’Inquisizione al confino. Nonostante il successivo interessamento di papa Benedetto XIV, che permise che l’opera fosse ristampata a Roma e al suo autore fosse ritirata la condanna delle autorità venete, Maffei, convinto della bontà delle proprie idee, rimase profondamente amareggiato da questa vicenda.

Egli affrontò il tema dell’usura non più dal convenzionale punto di vista teologico, ma solamente da un punto di vista storico, mostrandosi apertamente favorevole alla civiltà del denaro e dei prestiti ad interesse, conscio della sempre maggior necessità di tali strumenti nella vita economica moderna.

Il veronese Scipione Maffei, poligrafo, letterato, erudito, fu tra le personalità più notevoli della cultura italiana del Settecento. Istruito dai Gesuiti a Roma, nel 1704 combatté a Donauworth. Al rientro in Italia, divenne membro dell’Arcadia, per la quale pubblicò un volume di Rime e prose (1719) ad imitazione di G. Chiabrera e V. Filicaia.

Fu tra i fondatori del Giornale de’ letterati d’Italia. Scrisse di scienza cavalleresca e di archeologia, gettò le basi della moderna diplomatica (Istoria diplomatica, 1727) e compilò la più importante opera storico-erudita sulla sua città pubblicata fino ad allora (Verona illustrata , 1732; continuazione Museum veronense, 1749). S’interessò inoltre di teatro sia da un punto di vista critico (Dei teatri antichi e moderni, 1753), che da un punto di vista creativo (la sua Merope, rappresentata per la prima volta a Modena nel 1713, fu la più celebre tragedia italiana del Settecento prima dell’Alfieri).

 

Descrizione fisica. Un volume in 4to di pagine XXII, (2), 332 [i.e.336]. Con una vignetta allegorica incisa in rame al frontespizio su disegno di Antonio Balestra.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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