CARDANO, Girolamo (1501-1576). De propria vita liber. Ex Bibliotheca Gab. Naudaei. Parigi, Jacques Villery, 1643.
PRIMA EDIZIONE della redazione definitiva dell’autobiografia di Cardano, pubblicata postuma dal grande bibliografo francese Gabriel Naudé (1600-1653) e da questi dedicata ad Élie Diodati.
Nel De Cardano Iudicium, che occupa le pagine iniziali e che costituisce la prima biobibliografia del Cardano, Naudé esprime la propria ammirazione per il grande milanese, ma nello stesso tempo non esita a definirlo un bugiardo riguardo i suoi racconti di incontri soprannaturali con gli spiriti e un blasfemo a causa del suo celebre oroscopo di Cristo.
Il Iudicium si apre con una sorta di processo alla figura di Cardano, alle sue contraddizioni, alla sua eccessiva franchezza nel raccontare particolari vergognosi o scabrosi della propria vita, che ne minano la rispettabilità e la serietà. Nessun dubbio invece sull’importanza della sua opera scientifica, che Naudé, nella seconda parte, si affanna a catalogare, cercando di identificare le edizioni migliori, di localizzare i manoscritti superstiti e di promuovere un edizione collettiva in più volumi (C. Spon, che curò l’edizione dell’Opera omnia di Cardano Lione, 1663 ristampò anche il Iudicium, sorvolando però, per ovvi motivi, sui meriti e le proposte di Naudé a riguardo).
Questi racconta poi di essere venuto in possesso del manoscritto autografo del De propria vita durante un soggiorno romano. La sua sparizione in seguito alla pubblicazione pare doversi attribuire al fatto che egli diede l’originale al tipografo. La presenza di altre copie manoscritte, conservate in biblioteche italiane, ha permesso recentemente di correggere numerosi errori della presente edizione che è rimasta a lungo l’unica fonte di questo scritto.
Naudé, Diodati e N.-C. Fabri de Peiresc formarono un circolo letterario che era alla continua ricerca di manoscritti italiani da pubblicare. Si sa che intorno agli anni Trenta del Seicento un grande lotto di manoscritti autografi di Cardano si trovava in vendita all’asta a Roma. Pare che i nostri non riuscirono a prenderne possesso, a causa del prezzo elevato e di macchinazioni di rivali italiani. Riuscirono solo a mettere le mani su alcuni di essi, i quali furono in seguito pubblicati per le cure editoriali di Naudé. Il manoscritto del De propria vita fu donato a quest’ultimo da Vincenzo Alsario della Croce in ringraziamento per l’epistola a lui dedicata nella prima Quaestio iatrophilologica. Il Della Croce, a sua volta, aveva ricevuto il manoscritto in regalo dal cardinale Bonifacio Bevilacqua.
L’autobiografia di Cardano rappresenta un documento straordinario per la franchezza e la ricchezza di dati personali che contiene. Redatta negli ultimi anni di vita tra il 1575 e il 1576, essa costituisce il punto terminale di una miriade di scritti autobiografici, cominciati con l’oroscopo personale stampato nella raccolta astrologica del 1543, poi più volte rielaborato, e continuati con le varie redazioni del De libris propriis (la prima è del 1544) e con il Liber XII geniturarum, apparso all’interno del commento a Tolomeo (Quadripartitum , Basilea, 1554).
Proprio da questo suo carattere originario di oroscopo nasce l’incredibile dovizia di particolari del testo. Il medico-astrologo nel redigere l’oroscopo di un cliente doveva tenere conto, oltre che della configurazione celeste al momento della sua nascita, anche del suo tenore di vita, delle sue abitudini quotidiane, delle malattie da lui avute e persino della sua alimentazione.
Nello scrivere il proprio oroscopo, ossia quello della persona che conosceva meglio di ogni altra, Cardano non si comportò diversamente. Passi come quello in cui racconta dell’impotenza che lo tormentò per una decina d’anni e delle prove fatte a letto per superarla s’iscrivono in questo contesto. Ugualmente, il tentativo di indagine critico-psicologica del proprio carattere e della propria personalità, che va al di là di ogni autocelebrazione, si motiva con il riconoscimento di natura astrologica che la vita di una persona sia irrimediabilmente forgiata dagli influssi stellari.
L’influenza, da Cardano più volte richiamata, dell’autobiografia di Marco Aurelio, stampata proprio allora per la prima volta da G. Xylander (Zurigo, 1569), sembra più nominale che fattiva, se si considera il tono filosoficomoralistico di quest’ultima, lontano anni luce dallo stile del De propria vita.
Il racconto della propria vita fu il risultato più vitale ottenuto da Cardano dal punto di vista letterario e intellettuale. Per la forza introspettiva delle scrittura, rappresenta una delle poche opere di quel tempo a reggere il confronto con i Saggi di Michel de Montaigne.
Girolamo Cardano, originario di Pavia, figlio illegittimo di un giurista e matematico milanese, studiò presso l’università della sua città natale e successivamente presso l’ateneo patavino, dove si laureò in medicina. Escluso dal collegio dei medici di Milano a causa della sua nascita, per un qualche tempo praticò la medicina nel paese di Saccolongo vicino Padova, dove nel 1531 sposò una giovane del posto, Lucia Bandareni, dalla quale ebbe tre figli. Rientrato a Milano nel 1534, cominciò ad insegnare presso la scuola fondata da Tommaso Piatti.
Uomo dai molteplici interessi e dalla grande versatilità, dimostrò in breve tempo una tale straordinaria competenza nella medicina, nella matematica, nell’astrologia, nell’astronomia e nelle scienze applicate, che la sua fama raggiunse tutti gli angoli d’Europa e la sua reputazione fu per lungo tempo seconda solo a quella del grande Vesalio.
Nel 1543 ottenne la cattedra di medicina presso l’università di Pavia, cattedra che mantenne fino al 1562 con un’interruzione di alcuni anni fra il 1552 e il 1559. Nel ’52 si recò in Scozia a seguito dell’invito fattogli dall’arcivescovo di Edinburgo, che desiderava ricevere le sue cure. Negli ultimi anni, dopo avverse vicende e varie sfortune che funestarono la sua vita (nel 1560 l’amato figlio Giovanni Battista fu condannato a morte per uxoricidio), Cardano fu chiamato a Bologna ad insegnare medicina. Nonostante l’amicizia del legato pontificio cardinal Giovanni Morone, nel 1570 fu imprigionato dall’Inquisizione sotto diverse accuse, ma soprattutto per aver pubblicato nella sua edizione del Tetrabiblos di Tolomeo l’oroscopo di Gesù Cristo. Morì il 20 settembre del 1576.
Il corpus filosofico e scientifico delle opere di Cardano, in quanto infinito giacimento di concetti, schemi argomentativi, strumenti classificatori e lessici specialistici, rappresenta un vero e proprio monumento della cultura rinascimentale. Essendo poi ogni suo libro, sia esso di argomento filosofico, medico, matematico o altro, sempre straordinariamente impregnato del vissuto dell’autore, dei fatti della sua vita e degli incontri avuti con altri uomini del tempo, l’opera di Cardano costituisce un ricchissimo serbatoio di spunti, racconti e testimonianze della vita culturale e civile del Cinquecento.
Descrizione fisica. Un volume in 8vo di pp. (96), 374 e 2 bianche.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010