SABBATINI, Nicola (1574-1654). Pratica di fabricar scene, e machine ne’ teatri... Ristampata di novo coll’aggiunta del secondo libro. Ravenna, Pietro de’ Paoli e Giovanni Battista Giovannelli, 1638 (in fine: 1637).
SECONDA EDIZIONE, aumentata di un secondo libro rispetto alla prima uscita a Pesaro nel 1637, della prima opera esclusivamente dedicata alla scenografia, all’architettura e alla strumentazione scenica, agli effetti speciali, all’esposizione delle regole prospettiche e alle mutazioni a vista.
Il trattato rappresenta una delle fonti principali per la conoscenza del teatro rinascimentale e barocco. Esso contiene una serie di direzioni agli architetti, i quali venivano spesso incaricati di allestire teatri temporanei in occasione di speciali avvenimenti o ricorrenze, in un’epoca in cui molte corti italiane non erano ancora dotate di un teatro stabile.
Oltre ad affrontare i problemi generali riguardanti la costruzione di un teatro (dal proscenio allo sfondo, dai posti per il pubblico alla disposizione delle luci), Sabbatini rivela i segreti del “backstage”, in particolare gli effetti speciali così cari alla scenografia barocca, come i giochi con il fuoco, i metodi per rappresentare il mare e le macchine per portare le nuvole e simulare la pioggia, i tuoni, il tramonto o il vento.
Nicola Sabbatini, pesarese, fu architetto e scenografo al servizio di Francesco Maria II, duca di Urbino. Influenzato dall’opera Perspectivae libri VI del matematico Guidobaldo del Monte, suo concittadino, verso il quale nella prefazione all’opera riconosce il proprio debito, egli fu attivo soprattutto a Pesaro, dove progettò ingegnose macchine sceniche e costruì il fastoso Teatro di Corte all’interno del salone maggiore del Palazzo Ducale. Smantellato dopo la devoluzione del ducato roveresco alla Santa Sede (1631), il vecchio teatro fu sostituito dal più modesto Teatro del Sole, costruito sempre dal Sabbatini ed inaugurato nel 1637 con la rappresentazione dell’Asmondo di Giovanni Hondedei.
Descrizione fisica. Un volume in 4to di pp. 12, 168. Con numerose figure in legno nel testo. Marca tipografica in fine e armi del dedicatario, monsignore Onorato Visconti, sul frontespizio.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010