CAROSO, Fabrizio (ca. 1526-1605). Il Ballarino. Venezia, Francesco Ziletti, 1581.
PRIMA EDIZIONE, dedicata a Bianca Capello, del più importante trattato italiano sulla danza del Cinquecento.
La prima parte descrive cinquantacinque regole per una corretta esecuzione dei passi di danza, mentre la seconda parte, la più estesa, passa in rassegna settantasei varietà di danze diverse (balletti e cascarde), ciascuna delle quali è accompagnata da un componimento poetico in lode di una gentildonna e da annotazioni musicali per liuto.
Tutti i balli sono concepiti per una o più coppie di danzatori. Le figure, che mostrano la posizione della coppia di ballerini all’inizio di ciascuna danza, costituiscono una straordinaria fonte iconografica non solo per la storia della danza, ma anche per quella del costume.
Caroso fu il massimo interprete dello stile italiano di ballo del tardo Rinascimento, soprattutto nella sua contrapposizione alla danse noble francese, che proprio allora cominciava a diffondersi in tutta Europa. Rispetto alle danze di gruppo (quasi tutte anonime) dello stile francese, la maniera italiana prevedeva che i vari balletti, vere e proprie “danze d’arte”, fossero composti da maestri di ballo per l’unica coppia (o, meno spesso, per un tiro).
Ciascun balletto era fornito di musica originale, eseguita sovente da gruppi di soli strumenti a corde (liuto, viola da gamba, viola da braccio), senza percussioni.
Nato a Sermoneta, Fabrizio Caroso cominciò la sua carriera a Roma, dove visse quasi tutta la vita, sotto la protezione di Felice Maria Orsini Caetani, duchessa di Sermoneta. Percorrendo dal 1554 tutti i gradi di una brillante carriera professionale (ballerino, teorico e “inventore di scene”, maestro di danza, strumentista, compositore), Caroso affidò alle proprie opere (Il Ballarino del 1581 e Nobiltà di dame del 1600) la chiave più appropriata per l’interpretazione del «bel danzar che con virtù s’acquista».
Raffinato e competente teorico, oltre che artista direttamente impegnato nella pratica del ballo, Caroso celebrò la figura del danzatorecortigiano altamente preparato (nell’educazione, nella cultura, nel «nobil vivere») ed esaltò la matrice aristocratica («da sala») della danza, da eseguirsi con grande precisione e pieno dominio dei precetti teorici.
Descrizione fisica. Due parti in un volume in 4to di cc. (8), 16, 184, (4). Marca tipografica al titolo. Ritratto dell’autore e 22 figure (in parte ripetute) a piena pagina nel testo, incise in rame da Giacomo Franco. Numerose annotazioni musicali in legno. Della presente edizione esiste una tiratura più rara che riporta, sul primo frontespizio, le armi della dedicataria Bianca Cappello al posto della marca tipografica. Si tratta probabilmente di una tiratura di dedica uscita in pochissimi esemplari. La seconda edizione dell’opera, uscita nel 1600 con il titolo Nobiltà di dame, è in realtà un’opera nuova che rispecchia i cambiamenti di gusto avvenuti nei vent’anni che intercorrono fra le due edizioni.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010