CASTIGLIONE, Baldassarre (1478-1529). Il libro del cortegiano. (Venezia, Eredi di Aldo Manuzio e Andrea Torresano, aprile 1528).
PRIMA EDIZIONE. Composto a partire dal primo decennio del Cinquecento e più volte rielaborato, il Cortegiano, uno dei testi più celebri ed influenti del Rinascimento italiano, è scritto in forma di dialogo. La scena si svolge ad Urbino e si sviluppa in quattro sere. Gli interlocutori sono alcuni tra i più illustri personaggi dell’epoca, quali la duchessa Elisabetta Gonzaga, Emilia Pio, Cesare Gonzaga, cugino dell’autore, Ludovico di Canossa, il cardinal Bibbiena, Federico e Ottaviano Fregoso, Pietro Bembo, Giuliano de’ Medici, Gaspare Pallavicino e Bernardo Accolti (Unico Aretino).
Nel primo libro, dedicato all’educazione del gentiluomo, si affronta il tema della lingua più adeguata all’uomo di corte. A differenza degli altri protagonisti della celebre questione della lingua, quali P. Bembo, G.G. Trissino e C. Tolomei, a Castiglione non interessa la lingua come strumento letterario, ma in quanto congruo attributo di una certa condizione sociale, elemento fondamentale della disciplina di comportamento del cortigiano, professionista della vita organizzata di corte. Egli rifugge quindi da ogni arcaismo ed affettazione e propone una lingua che sia spontanea, vicina al parlato, ma non ingenua e popolare. Quello del Castiglione si può quindi definire come una sorta di naturalismo linguistico maturato nell’ambito di quegli ambienti altamente codificati e autoreferenziali che erano le corti d’allora.
Nel secondo libro si discorre delle qualità del cortigiano in quanto uomo sociale e del suo contegno. Egli deve sviluppare al massimo tutte le sue facoltà individuali: padroneggiare le armi, essere abile nei giochi di società, conoscere a fondo le arti e la letteratura, essere brillante ed ironico nelle conversazioni, evitare ogni affettazione.
Nel terzo libro Giuliano de’ Medici e il misogino Gaspare Pallavicino discutono del ruolo della donna a corte. Infine il quarto libro tratta dei rapporti fra il cortigiano e il principe e contiene una dissertazione del Bembo sulla dottrina dell’amore platonico.
Permeato di quel raffinato decoro che fu l’ideale del Rinascimento italiano, il Cortegiano, insieme galateo di buone maniere e summa della vita di corte, anche grazie al suo piacevole andamento dialogico, ebbe un’enorme impatto sulla cultura europea, influenzando non solo i successivi trattati sull’argomento, ma anche la poesia e il teatro. Castiglione per primo delineò le caratteristiche e gli obblighi sociali di quella figura di perfetto gentiluomo, sicuro di sé, ironico e autosufficiente, che in Spagna prese il nome di caballero, in Francia di honnête homme e in Inghilterra, paese dove la sua influenza fu maggiore, di gentleman.
Nato a Casatico (MN) nel 1478, Baldassarre Castiglione studiò a Milano alla scuola di Giorgio Merula e di Demetrio Calcondila. In seguito alla morte del padre, nel 1499 tornò a Mantova al servizio di Francesco Gonzaga. Tra il 1504 e il 1513 fu alla corte di Urbino, che ospitava anche il Bembo, prima sotto Guidobaldo da Montefeltro, poi sotto Francesco Maria della Rovere.
Nel 1513 fu inviato a Roma in qualità di agente diplomatico. Presso la corte di Leone X ebbe modo di frequentare il cardinal Bibbiena, per il quale scrisse il prologo della Calandra (1513), nuovamente Pietro Bembo e soprattutto Raffaello, che gli fece uno splendido ritratto e lo introdusse nell’ambiente dei circoli pittorici. Nel 1516 rientrò a Mantova e si sposò con Ippolita Torelli. Dopo soli quattro anni rimase vedovo e nel 1521 abbracciò lo stato ecclesiastico.
Nel 1524 fu nominato nunzio pontificio in Spagna. Dopo il sacco di Roma del 1527, fu accusato dal papa di aver mal gestito i rapporti con l’imperatore, ma poco dopo fu riabilitato. Morì a Toledo l’8 febbraio del 1529. Politico, diplomatico, uomo d’arme e letterato, Castiglione scrisse anche una celebre egloga pastorale, la Tirsi, e varie rime latine e volgari che, dopo la sua morte, apparvero disseminate nelle principali antologie poetiche del Cinquecento.
Descrizione fisica. Un volume in folio di cc. 122 non numerate. Ancora aldina sul titolo e al verso dell’ultima carta. Nell’ottobre dello stesso anno Filippo Giunta pubblicò a Firenze la prima edizione dell’opera in formato tascabile. L’edizione aldina fu tirata a circa duemila esemplari in carta comune, a cui sono da aggiungere una trentina di copie in carta reale destinate all’autore e ai suoi amici.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010