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Statuto e codice etico
Associazione Librai Antiquari d'Italia.
Rendere alla parola "Antiquario" l'antica rispettata dignità. Offrire una garanzia morale sulla persona dei propri associati. Divulgare in un pubblico più vasto l'amore e l'interesse per il libro antico. Liberare il libro stesso dalle tante pastoie che opprimono il commercio internazionale. Con questi scopi viene fondato a Milano, nell'autunno del 1947, il Circolo dei Librai Antiquari. Le librerie aderenti al gennaio 1948 sono 19 (21 conteggiando a parte le sedi romane della Hoepli e della Olschki): Banzi di Bologna, Bozzi e Delai di Genova, Olschki di Firenze, Casella di Napoli Nironi e Prandi di Reggio Emilia, Rappaport di Roma, Bourlot e Pregliasco di Torino Cassini di Venezia e nove ditte milanesi (La Bibliofila, Cantoni, Cavallotti, Garzanti, Hoepli, Mediolanum, Il Polifilo, Turri e la Libreria Vinciana). Il numero dei soci è abbastanza ristretto, ma i nomi dei fondatori sono i più illustri dell'antiquariato italiano: Erard Aeschlimann e Mario Armanni, librai di grande esperienza e uomini di studio, artefici del grande successo della Libreria Antiquaria Hoepli; Cesare Olschki, figlio ed erede di quel Leo Samuel autore degli Choix de livres reres et curieux e che D'Annunzio definiva "libraio principe fra i più potenti di studio e fortuna"; Dino Prandi, allora agli inizi di una carriera di antiquario, bibliografo, editore esperto d'arte che lo avrebbe reso protagonista nella vita culturale italiana; Alessandro Piantanida, titolare di quella Libreria Vinciana cui si ascrive l'imponente catalogo monografico sugli Autori Italiani del'600 che resta tuttora una delle principali fonti bibliografiche sull'editoria italiana del XVII secolo; Luigi Banzi specialista in autografi e firma di livello internazionale; Gian Vittorio Bourlot e Lorenzo Pregliasco, librai di fiducia di Luigi Einaudi e di antiquari di antica tradizione familiare. E ancora Giocondo Cassini, Dante Cavallotti, Gaspare Casella, Carla Marzoli, Elfo Pozzi, Carlo Everardo Rappaport, Alberto Vigevani: tutti professionisti di grande serietà ed esperienza, titolari di librerie prestigiose.
La costituzione del Circolo da parte di un'élite qualificata pone finalmente l'Italia al passo con gli altri paesi europei: in coincidenza con il grande sviluppo mondiale del mercato antiquario, già nel primo triennio del secolo erano infatti sorte in Europa varie associazioni nazionali di Librai antiquari. L'Antiquarian Booksellers' Association data al 1906, il Verein der Deutschen Antiquariats und Exportbuchhändler al 1918, l'Antikvarboghandlerforening danese del 1920, la Svenska Antikvariatforeningen al 1935 come la Nederlandsche Vereening van Antiquaren; anche il Syndicat de la Librairie Ancienne et Moderne (livres d'Occasion) operava fin dal 1933. In Italia i primi decenni del secolo avevano rappresentato un periodo di straordinaria fortuna per il commercio antiquario caratterizzato da una fase di espansione e sviluppo del mercato e dalla presenza di protagonisti d'eccezione quali Leo Samuel Olschki o Tammaro De Marinis; nonostante la crescita del settore, attestata dalla diffusione di aste librarie di ottimo livello e dalla produzione di pregevoli cataloghi di vendita, non era nata però quell'associazione di categoria auspicata sin dagli anni '80 dell'Ottocento come elemento di razionalizzazione e moralizzazione del settore. Il primo e unico tentativo di fondare un'associazione di librai antiquari d'Italia risale infatti al 1880, periodo in cui l'antiquariato librario aveva appena assunto una propria autonoma fisionomia in seno al commercio librario; esso si deve a una Società di Professori ed Amatori intitolata "Il Bibliofilo" (come la rivista cui diede vita tra il 1880 e il 1890) ispirata da Carlo Lozzi giurista e bibliofilo marchigiano, ed espressione del profondo legame che sul finire del XIX secolo collegava antiquariato librario e mondo della bibliofilia e della cultura. Un legame via via attenuatosi nel corso degli anni, tanto che il Circolo dei Librai Antiquari sembra porsi soprattutto lo scopo di rivalutare la figura professionale e morale del libraio antiquario e di recuperarne un più diretto rapporto con il mondo delle biblioteche e degli studi. Questa è l'impressione che si ricava dalla lettura del primo statuto: il Circolo, che si proponeva "di disciplinare il commercio librario d'antiquariato e di sviluppare l'amore per il libro antico", includeva, tra i suoi compiti, non pochi interventi di carattere bibliografico-inforrnativo:
- a. Svolgere una azione moralizzatrice del commercio del libro antico fissandone le norme generali ed applicando sanzioni ai trasgressori.
- b. Sollecitare dalle competenti autorities disposizioni intese a facilitare il commercio d'antiquariato in Italia e all'estero.
- c. Promuovere manifestazioni di bibliografia ed associarsi a quelle ordinate da altri enti.
- d. Collegarsi con i Circoli stranieri similari e con librerie d'antiquariato all'Estero.
- e. Raccogliere cataloghi, bollettini, notizie concernenti il commercio del libro antico.
- f. Pubblicare un bollettino periodico con, articoli divulgativi di bibliografia, notiziari, desiderata ed offerte di opere.
- g. Pubblicare, patrocinare o partecipare ad imprese editoriali di bibliografia.
- h. Compiere ricerche bibliografiche per tutti i soci.
- i. Unificare l'adozione della terminologia relativa alla schedatura di un libro.
- l. Compiere un censimento di bibliofili formando indirizzari selezionati e divisi per specializzazioni.
Un programma ambizioso per le scarse risorse e le deboli forze di un'associazione ristretta, ma gli intenti denunciano uno sforzo di qualificare l'associazione di categoria anche e soprattutto sul versante culturale. Nel novembre 1947 esce così il primo numero del “Bollettino del Circolo dei Librai Antiquari” (mensile, pubblicato a Milano, redattore responsabile Marino Sgattoni che di lì a qualche anno avrebbe aperto una propria libreria antiquaria): la rivista ospita brevi articoletti d'interesse professionale, informazioni utili per l'attività commerciale, un "Notiziario" relativo alla vita delle librerie antiquarie, le “Comunicazioni del Circolo” ai soci, segnalazioni e recensioni bibliografiche, e, soprattutto, inserzioni, aperte a tutte le librerie, relative alle "Offerte" e “Domande” di libri. Il periodico prosegue fino al 1961, ridotto però negli ultimi anni a due fogli di supplemento alla "Libreria" organo ufficiale dell'Associazione Librai Italiani; in esso è documentata, fra l'altro, la particolare attenzione della categoria per i problemi connessi all'esportazione (o all'importazione) che si configuravano come una vera via crucis per i librai antiquari (come dimostra la serie di articoli sulle Tribolazioni del libraio antiquario apparsa sul "Bollettino" nel 1948). Nel 1949 il Notiziario de "La Bibliofilia" (prestigiosa rivista di casa Olschki), dando notizia di recenti aste londinesi della Sothebys, riferiva con rammarico che la Libreria Hoepli - che segnava «con le sue belle vendite e i suoi cataloghi perfetti e bibliograficamente onesti e sinceri, un punto cardinale nel vasto firmamento librario» - aveva, «quasi abbandonato il nobile agone internazionale» forse anche per reazione «alle forti pressioni fiscali»: l'articolista sottolineava al riguardo la «persistente diffidenza delle Autorità preposte alla tutela della vita bibliografica verso il commercio del libro antico». Contrastare questa “diffidenza” e realizzare un diverso rapporto con gli uffici d'esportazione e, più in generale, con il mondo delle biblioteche, diventa ben presto il principale scopo del Circolo.
Se l'azione di tutela degli interessi della categoria rappresenta, ovviamente, l'aspetto più rilevante e significativo dell'attività sociale dal '47 ad oggi, altro elemento permanente e distintivo è la partecipazione dell'associazione alla vita della Lega Internazionale dei Librai Antiquari cui l'Italia aderì sin dalla sua fondazione. L’International League of Antiquarian Booksellers (ILAB, o LILA secondo la denominazione francese di Ligue Internationale de la Librairie Ancienne) fondata su iniziativa del libraio olandese Menno Hertzberger in occasione del congresso di Copenhagen (1-5 settembre 1948), contava inizialmente dieci associazioni aderenti (Inghilterra, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda, Norvegia, Svezia e Svizzera) e si proponeva di coordinare gli sforzi per favorire lo sviluppo del commercio del libro antico. Oltre a promuovere un "Recueil des us et coutumes" per normalizzare la prassi commerciale (e in particolare i rapporti, tra librai) e a patrocinare iniziative bibliografiche, l'ILAB avviò la consuetudine tuttora praticata - di tenere congressi accompagnati da mostre. Il settimo congresso dell'ILAB ebbe luogo a Milano dal 27 settembre al 1° ottobre 1953 e fu organizzato dal Circolo; ne troviamo ampia notizia sulla rivista "Accademie e Biblioteche d'Italia": «Gli argomenti dibattuti nel recente congresso di Milano, sotto la presidenza del sig. Georges Blaizot di Parigi, dai numerosi delegati di ogni paese sono stati molteplici: rileviamo quello della compilazione, ora già avanzata di un dizionario settilingue dei termini e abbreviazioni in uso nel linguaggio bibliografico: di particolare importanza inoltre la discussione circa i modi di ottenere una maggiore uniformità nelle disposizioni dei vari Paesi regolanti l'esportazione e l'importazione del libro.».
Il "Circolo dei Librai Antiquari Italiani" che contava, rispetto ai maggiori Paesi un numero esiguo di membri, si assoggettò volontariamente a non lievi sacrifici affinchè fosse fatto onore agli ospiti, non meno di quello che era avvenuto nei precedenti congressi a Copenhagen, a Londra, a Parigi, a Bruxelles e a Ginevra. Il benvenuto fu dato dal presidente del "Circolo" [Cesare Olschki?] in francese, in inglese e in italiano nella bellissima Sala del Circolo al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica; seguì la visita a un'esposizione di manoscritti preparata appositarnente, nella Biblioteca Trivulziana, dalla dott.ssa Santoro, una visita serale alla Pinacoteca di Brera dietro la scorta della direttrice Dott.ssa Wittgens, un ricevimento del Sindaco di Milano. ».
Per l’XI Congresso dell'ILAB (Monaco, 16-20 settembre 1957) viene realizzato dal Circolo un numero speciale del "Bollettino" (all'epoca pubblicato a Torino e diretto da Ada Peyrot) in cui troviamo un esplicito riferimento alle difficoltà interne che, a un decennio dalla fondazione, affliggevano l'associazione: «La vie du "Circolo" - vi si legge - n'a pas toujours été facile, car il a été en but nombreuses incompréhensions. Toutefois il comprend maintenant la majeure partie des libraires antiquaires d'Italie, et ne cache plus son expérance de devenir, dans un prochain avenir, l'Association de tous ceux qui, dans notre Pays, s'occupent de livres anciens et d'occasion». Nell'arco dì dieci anni le librerie associate eran salite da 21 a 35 con una crescita tutto sommato lenta e circoscritta che non riflette il forte rilancio del settore antiquario avvenuto in quegli anni.
Varie fonti attestano, sul finire degli anni Cinquanta e agli inizi degli anni Sessanta, un evidente sviluppo del settore dopo la crisi della seconda guerra mondiale: lo confermano la ripresa delle aste librarie, la comparsa di pregevoli cataloghi di vendita, le diverse e nuove iniziative. Al riguardo una testimonianza autorevole è offerta da Rodolfo De Mattei che già nel ‘55 percepiva chiari segnali di un recupero del mercato del libro "vecchio": «Come da sottoterra, zitto zitto, buono buono, il libro "vecchio" è risbucato fuori, riappare tra noi, rifà capolino in piazza, bussa alla nostra porta, raggiunge il nostro tavolo, si mescola ai libri nuovi (e perfino molti ne scansa), per prendere posto e spicco fra i nostri oggetti familiari. Dove si fosse rifugiato, nascosto, eclissato nei torbidi e accidentati anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, è impossibile dire, ma è già significativo, ed è importantissimo, il fatto che il libro "vecchio" sia ricomparso, che le librerie antiquarie d'Italia abbiano già ripreso quella loro funzione che è anche missione: la missione di riaccostarci alle fonti del passato, di ricongiungerci con antichi testi, atti, per avventura a dare alimento e stimolo al nostro spirito inquieto. Lasciamo dunque che il libro "vecchio" ritorni. é un perenne "grande ritorno" che non può non essere foriero di buoni frutti. Lasciamo che dalle varie regioni d’Italia, dalla Sicilia come dal Piemonte, dal Lazio come dalla Romagna, dalla Liguria come dal Veneto, i silenziosi librai antiquari mandino i loro bollettini, spesso commentati, illustrati e divisi per sezioni alla cerchia, certo non vastissima, ma neanche troppo ristretta, di amatori del libro raro.».
Aprono nuove librerie e i cataloghi di vendita sembrano moltiplicarsi («ogni giorno ricevo una media di tre cataloghi di libri antichi» scrive G.L. al "Bollettino" del Circolo nel maggio 1960); il mercato in crescita alimenta le rubriche di desiderata sulle varie riviste del settore quali "Il Corriere Librario" (nato a Roma nel 1946) e "L'informatore librario" (iniziato a Bologna nel 1949). Nel 1958 esce a Roma "Il Gazzettino Librario", direttore responsabile Francesco Scala: come le altre due riviste il mensile è soprattutto dedicato alle richieste e offerte di libri (nel '61 gli inserzionisti sono circa 70), cui si aggiungono articoletti e rubriche di modesta portata (alcune fisse, come "Le pubblicazioni ricevute", altre occasionali come quella dedicata a "Il libro antico e la sua tenninologia"). Quando nel febbraio 1962 l'Associazione Librai Italiani sospende la pubblicazione del "Bollettino" quale supplemento alla propria rivista di categoria, il Circolo decide di appoggiarsi al "Gazzettino Librario" che aveva offerto la sua convinta collaborazione: a partire da quell'anno cessa perciò la rivista ufficiale, il "Bollettino", ma troviamo su ogni numero del "Gazzettino" l'elenco aggiornato e dettagliato delle librerie consociate (attualmente riportate in apertura di fascicolo) e il "Notiziario" dell'associazione, oggi limitato al calendario degli appuntamenti internazionali, ma che in passato ospitava i verbali delle assemblee generali, i programmi dei congressi dell'ILAB ed altre notizie utili per i soci, configurandosi come l'unica seppure scarna fonte sulla vita dell'associazione. Uno spazio costante sul "Gazzettino" era riservato alle norme in materia di esportazione, come pure agli adempimenti connessi all’IGE o all’IVA: offrire ai soci un punto di riferimento e di informazione in materia legislativa e fiscale ha rappresentato infatti l'impegno primario dell'associazione che si è sempre proposta come interlocutrice delle autorità amministrative o fiscali anche in difesa degli interessi della categoria. Si segnala, a titolo d'esempio, l'azione svolta in occasione dell'approvazione della legge sull’IVA nel 1970: dopo avere inviato al Ministro delle Finanze e alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sulle istanze della categoria, l'associazione si rivolse alla Presidenza del Consiglio presentando un pro memoria («sulla tutela del commercio librario, tramite certo di cultura, minacciato dal 18% di prossima IVA») e una documentazione sulle aliquote IVA negli altri paesi del MEC (oscillanti tra il 4 e il 7.5%); un ulteriore memoriale venne trasmesso anche al Senato. «é inconcepibile - vi si legge - che, in un Paese così ricco di tradizioni civili e culturali, il libro d'occasione e antico, strumento di cultura e di studio venga equiparato nella tassazione agli oggetti di lusso e voluttuari, quali i gioielli, le pellicce e i liquori.». Grazie a questa azione pressante il Senato, nella seduta del 6 agosto, approvava un emendamento a favore del Libro antico riducendo l'aliquota IVA dal 18 al 6%; il senatore Pietro Bargellini, che aveva sostenuto l'associazione, venne eletto socio onorario.
Le pagine del "Gazzettino" registrano anche l'evoluzione della struttura associativa: il 2 maggio 1971 l'assemblea generale dei soci approva una nuova denominazione e il Circolo dei Librai Antiquari si trasforma in Associazione dei Librai Antiquari d' Italia. La nuova denominazione rispecchia una volontà di trasformazione da ristretto circolo di librai in prevalenza centrosettentrionali, in vera associazione di categoria su base nazionale. Dal 1972 la sede, che prima era stabilita presso il presidente eletto, viene fissata a Firenze (in via Jacopo Nardi 6, dove sin dal 1971 si era trasferita la redazione del "Gazzettino Librario"). Lo statuto dell'Associazione (modificato nel 1963 e nel 1973) circoscrive ora più realisticamente l’impegno assiciativo alle finalità di «coordinare tutti gli sforzi e le iniziative per lo sviluppo ed il progresso del commercío della libreria antiquaria. Stringere legami amichevoli e di solidarietà tra i librai del mondo intero. Diffondere la conoscenza e l'apprezzamento del libro antico. Curare gli interessi della categoria».
A fronte di un impegno così limitato si assiste negli anni Settanta e Ottanta a un maggiore dinamismo dell'associazione: vengono diramate regolari circolari di informazione sulle norme fiscali e doganali (viene anche progettato un prontuario di guida nei rapporti con gli uffici fiscali e doganali); viene potenziata l'azione di informazione sui furti librari; viene istituito un Premio Annuale di Bibliografia «da assegnarsi al compilatore italiano di un'opera bibliografica meritevole» (attribuito nel 1972 a Ada Peyrot, nel 1973 a Paolo Arrigoni e nel 1974 ad Alberto Vigevani) in seguito soppresso; viene potenziata l'organizzazione o la partecipazione a mostre librarie (nel 1971 si svolge a Firenze la prima mostra collettiva patrocinata dall'ALAI, L'Italia descritta e illustrata dal xi, al xa secolo). Questo dinamismo trae alimento anche dalla progressiva crescita dell'Associazione: dai 40 soci del 1962 si passa ai 55 del 1971, ai 61 del 1985, agli 80 del 1988 fino agli oltre 100 soci attuali: indizio di una sostanziale salute del commercio antiquario, nonostante le ricorrenti denunce di "rarefazione" e di crisi del mercato. Il successo anche internazionale della Mostra del Libro Antico di Milano (promossa nella sua prima edizione proprio dall'ALAI e dalla redazione di "L’Esopo"), giunta nel 1997 alla sua VII edizione, sembra confermare il buon livello della libreria antiquaria italiana. Una maggiore attenzione alla serietà dei membri e un più forte richiamo alla competenza professionale caratterizzano l'impegno attuale dell'Associazione. L’ultimo statuto approvato dall'assemblea generale il 16 maggio 1993, prevede maggiori garanzie per l'ammissione di nuovi soci e istituisce tra gli organi dell'ALAI anche un collegio di probiviri. Ma soprattutto si modificano, in modo significativo, le finalità statutarie: «L’Associazione ha i seguenti scopi: coordinare tutti gli sforzi e le iniziative per sviluppare il commercio del libro raro e di pregio, antico e moderno, improntandolo a criteri di serietà e di competenza professionale . Tutelare la dignità professionale della categoria dei librai antiquari. Stringere legami amichevoli e di solidarietà tra librai del mondo intero. Diffondere la conoscenza e l'apprezzamento del libro antico. Curare gli interessi della categoria. Collaborare con i preposti organi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni alla tutela, conservazione e arricchimento del patrimonio bibliografico nazíonale.».
Flavia Cristiano, da L'oggetto libro '97, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 1997.
L'attività culturale dei Librai Antiquari nel corso dei secoli
Vorrei fare l’elogio, in questo breve intervento, alle librerie antiquarie di tutto il mondo, specialmente di quelle (e non sono poche in Italia) che nell’esercitare il commercio librario svolgono una costante, intelligente e proficua attività culturale, promuovendo mostre di libri e stampando accurati cataloghi, molto apprezzati non soltanto dai bibliofili, ma anche dai bibliotecari; pubblicazioni, queste, interessanti e di piacevole lettura, che si accreditano talvolta fra i più autorevoli repertori bibliografici.
L’attività commerciale e culturale dei librai antiquari affonda le sue radici in un lontano passato. Duemilacinquecento anni or sono, infatti, nella Grecia di Pericle, il libraio (bibliopòles) già svolgeva la sua apprezzata professione, assumendo la triplice funzione di scrittore, di copista e di venditore di libri, procurando ai bibliofili dell’epoca rari testi delle opere di Omero, di Alceo, di Anacreonte o dei protofilosofi presocratici. Nell’antica Roma, ai tempi di Augusto, nelle Tabernae Librariae dell’Argileto (un vicus vivace ed affollato che si estendeva dalla Suburra al foro di Cesare), filosofi, grammatici, poeti e altri amatores librorum si accalcavano davanti alle liste di libri in vendita affisse agli stipiti della porta, contendendosi, a caro prezzo ,i volumina più rari e ricercati.
In tempi più recenti, dopo l’introduzione della stampa che risale, come è noto, al 1453; epoca in cui Gutenberg stampò a Magonza il primo libro (la celeberrima Biblia latina, il commercio librario ebbe un grandissimo sviluppo, estendendosi rapidamente e capillarmente nei grandi e piccoli centri di tutta l’Europa. Ad agevolare una maggiore diffusione dei libri contribuirono efficacemente i cataloghi, stampati e divulgati dagli stessi editori-stampatori che svolgevano quasi sempre anche il ruolo di librai. Vorrei ricordare (e ci tengo molto come raccoglitore di edizioni Aldine e come direttore di un’associazione di bibliofili che si chiama Aldus Club) che il primo catalogo di libri stampati uscì (ai primi di ottobre del 1498) dai gloriosi torchi dell’Officina Tipografica di Aldo Manuzio e presentava le stesse caratteristiche dei cataloghi moderni. Aveva un titolo : Libri graeci impressi , ed elencava ordinatamente descritti in cinque classi (Grammatica, Poetica, Logica, Philosophia e sacra Scriptura), una serie di volumi stampati dal 1495 al 1497 “in Aedibus Aldi Romani”. A questo protocatalogo editoriale, imitato subito da altri stampatori italiani e stranieri seguirono, distanziati nel tempo (fino al 1592), altri cinque Indices librorum, pubblicati da Aldo e dai suoi figliuoli.
Sono trascorsi cinquecento anni da quando Aldo Manuzio, il grande umanista che sognava di rigenerare la società attraverso la cultura, iniziò la sua faticosa missione educatrice, stampando e divulgando, anno dopo anno, nell’arco dei quattro lustri della sua intensa attività, accurate, elegantissime edizioni delle opere dei grandi filosofi e poeti dell’antichità classica e dei primi secoli della nostra letteratura. Furono tempi difficili quelli in cui visse e operò Aldo, anni travagliati da guerre devastanti e sanguinose, combattute tra Francia e Spagna sul suolo italiano. Nel novembre del 1494, mentre il generoso tipografo stampava il suo primo libro, l’Erotemata di Costantino Làscaris, la soldataglia di Carlo VIII saccheggiava, a Firenze, la preziosa biblioteca di Lorenzo il Magnifico. Più tardi, nel 1499, mentre uscivano dai suoi torchi le splendide pagine del libro più bello di tutti i tempi, L’Hypnerotomachia Poliphili, Massimiliano Primo invadeva il territorio della Serenissima, mettendo a ferro e fuoco il Friuli. “Se si maneggiassero più libri che armi - scriveva a un amico nel 1503, Aldo Manuzio - non si vedrebbero tante stragi e tanti misfatti, tante brutture, tanta insipida lussuria”, e, nella prefazione al Pindaro (nel 1503), biasimando il servilismo e l’ipocrisia imperanti dei suoi tempi, si avvale di alcuni efficaci versi di Omero per fustigare i vili che non hanno il coraggio e l’onestà morale di esprimere liberamente il loro pensiero.
Sono trascorsi cinque lunghi secoli, ma il sogno di Aldo resta ancora un’utopia. L’uomo, insensibile alle lezioni di Aristotele e di Platone, di Virgilio e di Lucrezio, di Francesco d’Assisi, di Dante e di Voltaire, continua a disonorarsi nell’odio e nella crudeltà, nell’egoismo e nell’ipocrisia. Tuttavia, il civile messaggio di Aldo Manuzio e degli altri grandi Maestri del passato non ha perduto la sua validità. Oggi, ancora più che nel passato, è necessario adoperarsi, attraverso la cultura (quella vera) per difendere dall’abulia e dal cinismo dilaganti, la libertà, la verità e gli altri valori fondamentali dell’uomo.
L’unico baluardo contro la barbarie, ieri come oggi, è rappresentato dai libri, dai buoni libri, ed io ritengo che le librerie antiquarie del nostro paese, che spesso si caratterizzano come veri e propri centri di cultura, svolgono un importante, insostituibile ruolo nella promozione e la diffusione dei testi basilari del patrimonio letterario, artistico e scientifico dell’umanità. Sono luoghi di incontro, le librerie antiquarie, proficui alla conversazione, al dialogo, all’amicizia, a una maggiore comprensione fra la gente, Se entrate in una di queste nobili botteghe, aperte ai ricchi e ai poveri, agli scrittori di chiara fama e allo studente squattrinato, il libraio, il vero libraio (vale a dire quello che ama i libri con la stessa passione dei suoi clienti), vi accoglierà con simpatia e vi mostrerà volentieri, se glielo chiedete, i suoi tesori: incunaboli, edizioni aldine e bodoniane, prime edizioni di Foscolo, Manzoni, Leopardi, risvegliando in voi sentimenti di amore e rispetto verso il più nobile prodotto dell’intelligenza umana: il Libro.
Mario Scognamiglio
Il catalogo di un libraio
Il catalogo di un libraio antiquario deve rappresentare soprattutto la prova tangibile di quello che è il nostro lavoro quotidiano sull’oggetto-libro: uno studio approfondito del testo, dell’edizione e dell’esemplare, che prescinde dalle implicazioni strettamente commerciali. Un qualsiasi catalogo di vendita di un libraio antiquario costituisce comunque un formidabile strumento di cultura, in grado di suscitare curiosità non solo nel bibliofilo ma anche in un semplice lettore, ed, in questo periodo di diffusione dei supporti informatici, vorrei che fosse attribuito un giusto riconoscimento alla funzione culturale da noi svolta.
La figura del mercante è infatti spesso vista con una certa diffidenza, ma è indubbio che, nei secoli, i librai hanno avuto un ruolo fondamentale nella conservazione dei manoscritti e dei libri: hanno contribuito a salvare dall’oblìo e dalla deperibilità migliaia di volumi, grazie alle loro ricerche ed ai restauri commissionati; a diffondere la cultura e l’arte italiana nel mondo ed a reimportare in Italia tesori grandi e piccoli; ed hanno avuto un ruolo primario nella formazione di importanti raccolte private di studiosi e di collezionisti, prima smembrandole e poi ricostituendole in forma diversa; nonché nell’arricchimento delle formidabili biblioteche pubbliche di cui è ricco il nostro paese. Ritengo che le centinaia di cataloghi che i librai dell’ALAI pubblicano ogni anno contribuiscano a lasciare una traccia documentale di grande valore per studiosi, collezionisti e bibliotecari.
Per redigere in maniera adeguata un catalogo ci vuole una quantità esagerata di tempo, nonché una certa cultura, costanza, capacità di utilizzare i supporti bibliografici e di documentare le caratteristiche tipografiche delle edizioni antiche; ed ora anche la capacità di utilizzare i programmi di grafica e di impaginazione per rendere l’offerta più accattivante. Quando iniziai la mia avventura nell’antiquariato librario – e non parliamo della preistoria – i computer e gli scanner non si potevano neppure ipotizzare: i testi, dattiloscritti con i grassetti o i corsivi evidenziati a matita rossa o blu, venivano composti dal tipografo con la linotype; le illustrazioni erano riprodotte su cliché di zinco applicati su spessi blocchi di legno per essere inseriti nelle forme tipografiche.
Confrontando le descrizioni pubblicate in un bel catalogo con la schedatura che si riserva ad un libro per un’offerta su internet, non si può non notare come questa sia meno accurata e precisa anche dal punto di vista grafico, proprio per le caratteristiche effimere che comporta. La rivoluzione provocata oggi da Internet, è paragonabile soltanto all’invenzione della stampa, che quasi sei secoli orsono offrì al mondo una democratizzazione della cultura senza precedenti. Internet non solo sta cambiando la vita, offrendoci una moltitudine di informazioni e di fonti, la cui attendibilità è comunque da verificare, ma sta radicalmente cambiando anche il commercio librario: la proposta on-line di un grandissimo numero di titoli antichi o esauriti ha senza dubbio prodotto una maggiore trasparenza rispetto al passato. Leggendo i cataloghi antiquari di qualche anno fa, ci si può accorgere che spesso le nostre schede terminavano con l’affermazione “edizione rara”, oppure “introvabile”. Era più che legittimo domandarsi in che modo dimostrare che tale affermazione fosse oggettiva: l’unico modo poteva essere l’individuazione dell’indice di rarità di un edizione, che si misura nel rapporto tra l’ampiezza della tiratura iniziale e il numero di copie superstiti. Ora è assai più agevole: se nei vari motori di ricerca si trovano soltanto uno o due esemplari di quel dato libro, la sua definizione di rarità è oggettiva; qualora sia proposto in 5 o 10 esemplari, vuol dire che proprio raro in fondo non lo è.
Ma l’opportunità di sfogliare un catalogo cartaceo ben fatto è una sensazione non paragonabile alla digitazione di un titolo su un motore di ricerca: le orecchiette che posso fare per ricordarmi di un lotto interessante, le sottolineature per una collazione particolare, lo stesso odore della carta. Se interrogare Internet mi consente oggi di scovare, presso un libraio sconosciuto di un altro continente, un titolo che cercavo da anni, la compulsazione di un catalogo mi consente tuttora di venire a conoscenza di libri di cui non immaginavo neppure l’esistenza. Se mi si permette il paragone, è una sorta di prova della teoria Kantiana della conoscenza: “non è l'esistenza a determinare la conoscenza di qualche cosa”, come sostenevano gli empiristi, bensì “la conoscenza a determinarne l'esistenza”: quel libro antico viene ad esistere – per me – soltanto nel preciso momento in cui leggo su un catalogo che, secoli fa, qualcuno l’ha scritto e pubblicato.
Infatti un volume antico è, per definizione, un oggetto difficile da esporre: il catalogo è a mio parere una vera e propria vetrina del libraio antiquario, che ne esprime le conoscenze, le capacità e la serietà. Oltre a costituire una garanzia per il cliente, che ha il diritto di conoscere con precisione le ragioni per cui quel determinato esemplare dovrebbe valere cento o mille euro, perché è una edizione originale, oppure perché la ristampa è stata curata da un qualche autorevole critico, o perché è in legatura originale o brossura editoriale, o ancora perché è stata annotata o dedicata dall’autore. Ritengo che l’insieme dei cataloghi di una libreria costituisca un vero e proprio testamento spirituale del libraio, la storia della sua vita, di come ha saputo – citando Montroni - “vendere l’anima”.
È un peccato ad esempio, che un grande libraio italiano recentemente scomparso non abbia mai pubblicato nulla, perché le sue notevoli conoscenze bibliografiche, le sue scoperte, sono rimaste un fatto privato tra lui e l’acquirente di quel libro. Ma, allo stesso tempo, la mancata condivisione dell’informazione con i bibliografi ed i colleghi, non ha neppure consentito di verificare la veridicità delle affermazioni di quel libraio. Il libro è per sua definizione un multiplo, quindi la pubblicazione di una informazione bibliografica, una collazione particolare, una scoperta inedita può e deve essere utile al confronto con altri esemplari.
Il catalogo rappresenta inoltre per me un alibi, che mi rende meno doloroso il distacco da quei libri che amo particolarmente, e sono costretto a vendere per poterne acquisire degli altri. Averne fatto uno studio, ed averne pubblicato la descrizione su uno dei miei cataloghi, fa sì che quel determinato esemplare, con quella legatura, con quelle note di possesso, quelle gore d’acqua e quei tarli, resti comunque per sempre anche un po’ mio, indipendentemente dai passaggi di proprietà che potrà fare in futuro. Mio nonno pubblicò il primo catalogo quasi novant'anni fa: il libro più caro, un incunabolo figurato, era prezzato ben 650 lire. Quel listino dimesso del 1921 è tuttora per me un talismano, una sorta di monetina Numero Uno di Paperone.
Il libraio non smette di essere tale quando la sera chiude la sua bottega: il tempo del suo lavoro è la sua stessa vita, con l'abitudine alla ricerca bibliografica, alla conservazione del libro, alla rivalutazione di quanto ancora è poco noto o dimenticato, con una passione che va ben oltre il valore economico dell'oggetto. Insomma, come l’amico Alessandro Bergonzoni anche noi librai antiquari siamo favorevoli agli interventi di chirurgia etica, piuttosto che estetica e siamo certi che la lettura di un di un bel catalogo d’antiquariato sia per tutti un’ottima occasione per rifarsi il senno!
Umberto Pregliasco