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Incunabuli: informazioni a confronto con qualche semplice deduzione sull'offerta, i prezzi e le ragioni del loro possesso

Data 01/12/2020       Categoria Articles and Publications
Autore Admin

Incunabuli: informazioni a confronto con qualche semplice deduzione sull'offerta, i prezzi e le ragioni del loro possesso

L’amore per le vecchie carte ha portato ad imbattermi, negli ultimi trent’anni di onesta attività di chineur, in una cospicua quantità di materiale riguardante gli incunabuli: cataloghi specializzati a prezzi marcati, cataloghi d’asta, riviste di bibliofilia, saggi e monografie nonché qualche bell’esemplare di edizioni non comuni ed un mucchio di fogli staccati provenienti da incunabuli figurati tra i più celebri. Una recente trouvaille, che consiste in un interessantissimo catalogo d’asta organizzata verso la fine del Settecento, ha sollecitato la mia voglia di metter ordine in un mucchio di informazioni sparse nel materiale raccolto, cercando di raccordarle per uno scopo preciso, e cioè di capire se fosse ancor oggi possibile e conveniente per un privato, costituire una biblioteca privata di incunabuli, ancorché non cospicua, ma di un certo rilievo.

La questione che si pone innanzitutto riguarda la disponibilità dell’offerta o, se si vuole, il grado di rarità sul mercato mondiale della merce desiderata. Per avere un’idea approssimativa del grado di rarità di una data edizione occorrerebbe innanzitutto accertarne la tiratura, vale a dire il numero di esemplari stampati. Detratti poi gli esemplari in possesso di istituzioni pubbliche e quindi difficilmente alienabili e quelli distrutti, è possibile valutare approssimativamente quanti ne dovrebbero essere disponibili sul mercato libraio. Qualche indizio a riguardo si può trovare in Domenico Fava,[1] ed anche in Michele Fuiano[2]. Ma cerchiamo qualche numero più in dettaglio.

Sulla dispensa 2°-3° della prestigiosa, e a nostro avviso mai superata, Rivista dell’Arte Antica in Libri “La Bibliofilia” leggiamo[3]che la produzione mondiale dei libri dopo l’invenzione dell’arte tipografica ammonterebbe, nel periodo 1436-1908 approssimativamente a poco più di dieci milioni di libri (10,378,365). In particolare, nel 1436 la pubblicazione è stata di un solo libro. Quindi:

 

dal 1437 al 1500     sono stati pubblicati            30,742        libri

dal 1500 al 1536              “       “                          45,776          “

dal 1536 al 1600              “       “                          242,048        “

dal 1600 al 1700              “       “                          972,300        “

dal 1700 al 1736              “       “                          528,624        “

dal 1736 al 1800              “       “                          1,108,572     “

dal 1800 al 1822              “       “                          420,376        “

dal 1822 al 1828              “       “                          141,924        “

dal 1828 al 1887              “       “                          3,855,221     “

dal 1887 al 1898              “       “                          1,374,118     “

dal 1898 al 1900              “       “                          308,888        “

dal 1900 al 1908              “       “                          1,395,552     “

 

Per i soli incunabuli - libri anteriori al 1501 - l’articolo menzionato dà anche la ripartizione per paese di stampa, e precisamente:

 

Germania                20,000

Italia                        6,636

Paesi Bassi              2,049

Francia                    1,125

Spagna                    600

Scozia                      324

Svezia                      8

 

Nel 1973 Guerriera Guerrieri afferma[4]che tutti gli incunabuli esistenti ammontano a circa 40,000 edizioni,[5]ovviamente in moltissimi esemplari (pag.160). Quindi, in nota a pag.163 continua: “Si calcola che i libri stampati nel secolo XVI (cinquecentine) siano oltre 280,000, quelli del XVII secolo (seicentine) circa 970,000 e quelli del XVIII (settecentine) circa 1,600,000. Se si confrontano questi dati con quelli della tabella dell’Olschki, a tutto il 1800, e delle altre opere citate (note 1 e 2), si può constatare che i conti tornano, almeno in ordine di grandezza. Ora abbiamo qualche punto di riferimento e precisamente: 1) Gli incunabuli stampati a tutto il 1500 sono circa venti milioni ripartiti grosso modo in cinquecento esemplari per ciascuna delle quarantamila edizioni prodotte. 2) Una parte di questi esemplari, difficile a quantizzarsi, è andata distrutta ovvero smembrata; prova ne è il gran numero di fogli sciolti di incunabuli mutili o smembrati che ancora oggi si trovano sul mercato. 3) Una parte è in possesso di biblioteche pubbliche, statali, provinciali, universitarie, ecclesiastiche e di istituzioni culturali private. Questa parte è meno incerta della prima ma ugualmente difficile a quantizzarsi perché non tutte le organizzazioni citate, ovviamente a livello mondiale, dispongono di un catalogo aggiornato di facile consultazione. In ogni caso un’operazione sistematica in tal senso necessiterebbe di importanti risorse umane e di tempo. Resta l’ultima parte, quella disponibile sul mercato. Ed è questa che cercheremo di prendere in considerazione adottando due criteri semplificativi ed esemplificativi per trarre qualche conclusione sull’offerta e sulla volatilità dei prezzi. Il primo criterio è che ci concentreremo su due edizioni particolarmente rappresentative dei valori aggiunti dell’incunabulo figurato, in quanto oggetto autentico portatore di informazioni e oggetto estetico. Il secondo è che limiteremo l’analisi dei prezzi di vendita di esemplari di queste due edizioni lungo un arco temporale di cento anni, dal 1913 al 2013, con qualche capatina più in basso.

Le vendite sui cataloghi ed alle aste

Quanto hanno comprato i privati nel corso degli anni? Diversamente, per qualità e quantità in epoche diverse e questo non soltanto per mancanza di disponibilità finanziarie o di offerta di un certo interesse. Guardiamo brevemente a quanto scritto nella nota introduttiva al catalogo di vendita all’asta[6] della biblioteca del signor Pietro Antonio Bolongaro-Crevenna, pubblicato ad Amsterdam, in lingua francese, nel 1789. “Nous présentons au Public le Catalogue de la Bibliothèque la plus riche, la plus choisie, & la plus précieuse qui existe entre particuliers en Europe. … Outre plus de Deux Cent Soixante manuscrits, la plus part sur Vélin  … outre environ Mille & Cinquante Editions du XVème siècle  …“ Dunque il signor Crevenna[7], milanese e mercante (non di libri!) ad Amsterdam aveva accumulato nella sua biblioteca privata verso la fine del settecento, ben oltre 1000 incunabuli. Vediamo, quindi, la situazione per un altro appassionato ed erudito bibliofilo, Umberto Eco, ma più di due secoli dopo.  Rispondendo  ad una questione precisa del suo amico Jean-Claude Carrière[8] (Quanti incunabuli propriamente detti possiedi?) il professore Eco afferma: “… io ho solo una trentina di incunabuli, ma ho certamente quelli di cui un collezionista non può fare a meno, come per esempio l’Hypnerotomachia Poliphili, la Cronaca di Norimberga, i libri ermetici tradotti da Ficino, l’Arbor vitae crucifixae di Umbertino da Casale, che è diventato uno dei personaggi del mio Nome della Rosa … La mia collezione è molto orientata … ho Tolomeo, che si sbagliava sul moto della Terra, ma non ho Galileo, che aveva ragione.” Qui Eco comincia a divagare dalla questione precisa del suo amico perché, di tutta evidenza, nessuno può avere un incunabulo di Galileo! Ma poco importa; abbiamo comunque due informazioni rilevanti per il nostro ragionamento. La prima è che, a distanza di due secoli e più, un bibliofilo erudito del settecento possiede più di 1000 incunabuli ed un altro del novecento ne possiede 30. Entrambe le persone citate sono italiane, entrambe possiedono un grado di erudizione e di istruzione elevato, entrambe dispongono di danaro sufficiente da investire nella loro passione. Allora perché un fattore trenta tra i due? E’ possibile che l’offerta in due secoli si sia ridotta di un fattore trenta? La seconda informazione ci viene da una precisa affermazione di Eco che ci indica, implicitamente, le due edizioni più rappresentative degli incunabuli figurati, su cui concentrare l’analisi dei prezzi: l’Hypnerotomachia Poliphili e la Cronaca di Norimberga.

Per entrambe le edizioni, non c’è da stupirsi sul giudizio di Eco; l’innamoramento per l’Hypnerotomachia Poliphili data dal cinquecento, come dimostra Roland Barraud nel suo “Essai de Bibliographie du Songe de Poliphile” pubblicato in quattro puntate sulla bella rivista dell’ Olschki[9]: “Peu de livres sont à la fois plus célèbres et moins connus que le roman de Poliphile. Car soit qu’ils aient voulu se venger ainsi de la peine qu’ils avaient éprouvée à lire son jargon latinisant, soit plutôt se justifier de n’en avoir rien fait, presque tous ceux qui ont eu à en parler, l’ont fait avec le dernier mépris: cependant ils ne laissent pas de tenter d’en pénétrer le secret, et depuis plus de quatre siècles, vaincus malgré leur ressentiment contre le roman lui-même, par la beauté des illustrations, bibliophiles et érudits reviennent à cet étrange et précieux monument de la Renaissance.” Le illustrazioni quindi, più che il testo in sé, sembrerebbero costituire la ragione principale del desiderio degli appassionati e dei collezionisti. Hans Peter Kraus è dello stesso avviso[10]: “Its fascinating woodcuts have commanded the admiration of booklovers of every generation since it was published. Many of the most celebrated painters and engravers working in Venice in the last decade of the XVth century have been proposed as the artist who designed them, but his name still remains unknown.” Anche se il nostro Carlo Lozzi[11]ritiene che l’autore sia dei disegni che degli intagli sia Giulio Campagnola “… un prodigio di precoce e versatile ingegno che con la matita poi e col pennello così gareggia coi celebri dipintori, che non v’è tavola o del Mantegna o del Bellini, la quale poniamo ch’è metta l’animo e la mano a ricopiarla, non ritragga a puntino e non pareggi.”

Oggi, sul web, è possibile trovare un’enorme quantità di informazioni, commenti ed interpretazioni sul Polifilo[12]. Esistono anche disponibili sul mercato, numerose edizioni in facsimile a prezzi differenti[13], di cui una delle più belle, a nostro avviso, resta quella pubblicata a Londra, EUGRAMMIA PRESS, Settembre 1963, in folio piccolo e tirata a 315 esemplari.

Quanto poi alla Cronaca di Norimberga, l’entusiasmo trabocca unanime dai repertori bibliografici specializzati (Fairfax Murray, II, 394; Hain, 14, 508; Proctor, 2084; IGI, 8828; Dogson, I, 228; British Museum , cat. II p.437) “Outre un historique très complet des principaux pays et villes, cette chronique universelle abonde en détails savoureux: invention de l’imprimerie, invention des échecs, découvertes des navigateurs portugais, mise en chantier de monuments importants. Une multitude de villes d’Europe sont gravées sur double ou simple page, la plupart étant des représentations authentiques de l’état de ces diverses citées à la fin du XVème siècle. (Sourget, 2000).

Le 1809 xilografie contenute in questa imponente opera furono realizzate a Norimberga in una delle più famose “botteghe” di tutti i tempi, quella di Michael Wolgemut (Wohlgemuth) (1434-1519) dove lavorò come apprendista, dal 1486 al 1489, anche Albrecht Dürer (1471-1528) che alcuni ritengono aver collaborato alla realizzazione di alcune immagini dell’opera. Kraus[14]pretende che la tiratura di questa edizione sia stata di 2,000 esemplari, assolutamente inconsueta per quei tempi.

Anche per quest’edizione è disponibile sul mercato un’edizione in facsimile, che è stata realizzata in Germania per celebrare il 500° anniversario dell’opera. La tiratura internazionale è di 800 esemplari numerati, rilegati in pergamena e custoditi in box. Il prezzo di vendita è di 7500.00 Euro.

Vediamo dunque l’offerta ed i relativi prezzi di vendita ovvero, quando disponibili, i prezzi di stima d'asta delle due edizioni prese a campione:[15]

(Columna Francesco) Hypnerotomachia Poliphili, Venezia, Aldus 1499.

1.     Leo S. Olschki, Choix de livres anciennes, rares et curieux, Firenze 1907, n°2032, prezzo marcato: 2,500 franchi francesi.

2.     Leo S. Olschki, Choix de livres anciennes, rares et curieux, Firenze 1914, n°4345, prezzo marcato: 3,500 franchi francesi.

3.     Leo S. Olschki, Choix de livres anciennes, rares et curieux, Firenze 1930, n°11809, prezzo marcato: 7,500 franchi francesi.

4.     Bibliotheque Silvain Brunschwig – Nicolas Rauch, Ginevra, marzo 1955, vendita all’asta. Prezzo di stima: 8000-10,000 franchi svizzeri. Aggiudicato a 10,800 + 15% (diritti d’asta)= 12,420 franchi svizzeri.

5.     Kraus, catalogo 90, senza data (ma, dopo guerra), n°128, prezzo marcato: 2250 US $.

6.     Kraus, New York, catalogo 209, senza data (ma fine ‘900 perché già porta l’indirizzo e-mail stampato hpkrauss@maestro.com) n°86, prezzo marcato: 115,000 US $.

7.     Martin Breslauer, Londra, catalogo 102, n°32, venduto.

 

Schedel Hartman, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493

1.     Leo S. Olschki, Choix de livres anciennes, rares et curieux, Firenze 1907, n° 1041 prezzo marcato: 600 franchi francesi.

2.     Leo S. Olschki, Choix de livres anciennes, rares et curieux, Firenze 1912, n° 3554 prezzo marcato: 1500 franchi francesi.

3.     Joseph Baer & C°, Francoforte, 1921, Catalogo DCLXXV, n°344 prezzo marcato: 9,000 marchi

4.     Karl W. Hiersemann, catalogo 582, marzo 1928, n°147, prezzo marcato : 1875 marchi ( 1 marco pari circa a 0.24 US $).

5.     H. Gilhofer & H. Ranschburg, Lucerna, catalogo XI, 22 novembre 1933, n°238, aggiudicato a 2300 franchi svizzeri.

6.     Librairie Sourget, Chartres, catalogo XXI, 2000, n°12 prezzo marcato : 1,500,000 franchi francesi pari a 228,674 euro. Legatura inizio ‘500 in pelle di scrofa su assi di legno, impressa a freddo.

7.     Pregliasco, catalogo 98, Torino, dicembre 2008, n°16 prezzo a richiesta. Esemplare che fu del conte Sergei Grigor’evich Stroganov.

Per attualizzare i prezzi del passato a tempi differenti, possiamo adoperare il metodo del signor Fourastié, direttore di ricerca alla Scuola pratica di Alti Studi di Parigi, ben descritto nel libro di Maurice Rheims.[16] Il metodo consiste nell’attualizzare la moneta al tempo iniziale Mti,  al valore corrispondente al tempo finale Mtf  ipotizzando una diretta proporzionalità tra questi due valori ed i rispettivi valori dei salari orari della manodopera non specializzata in Francia, mediati su tutto il territorio nazionale e per ogni tipo di attività.

Mti  : Mtf  = Sti : Stf                    e quindi     Mtf  = Mti x Stf / Sti

Questo è possibile in quanto la serie storica dei salari orari della manodopera è stata ben studiata in Francia ed è nota dal XVI secolo. Resta comunque la difficoltà di come tener conto delle svalutazioni e rivalutazioni della moneta che si sono succedute nel periodo considerato (nel 1960 per esempio, in Francia, si è passati dai vecchi franchi ai nuovi franchi). Ed ancor più, volendo estrapolare il metodo fuori di Francia, occorre tener conto del corso dei cambi e delle svalutazioni e rivalutazioni occorse nei differenti Paesi. Ma tant’è! Operare assumendo come riferimento il corso dei prezzi dell’oro ovvero dei prezzi del frumento sarebbe ancor più difficile ed incerto in ragione delle fluttuazioni del prezzo di queste merci assai più difficili ad associare al costo della vita ed al potere d’acquisto. In ogni caso anche questo non è il nostro mestiere, e per quanto ci siamo prefissi di analizzare, il metodo Fourastié ci sembra adeguato per una prima valutazione. Dunque, i 2,500 franchi francesi della Hypnerotomachia Poliphili nel 1907 corrispondono nel 1914 a : Mtf  =  2,500 x 0.345 /0.315  = 2738.10  ben inferiori ai 3,500 franchi francesi marcati nel catalogo di Olschki. Analogamente, i 2,500 FF nel 1907 corrispondono nel 1930 a : Mtf  =  2,500 x 3,33 /0.315  = 26,428.60 ben superiori ai 7,500 FF marcati nel catalogo di Olschki. Se poi applichiamo la formula al 1955 (vendita Brunschwig) tenendo conto che, a quel tempo, 1 franco svizzero si cambiava con 112 FF, troviamo:

Mtf  =  2,500 x 165 /0.315  = 1,309,523.8 FF  = 11,692.17 FSw

giusto un po’ meno del prezzo di aggiudicazione. Ora il dato anomalo del 1930 va compreso anche alla luce del forte incremento dei salari orari della manodopera non specializzata in Francia avvenuto a partire dal 1925 per l’incorporazione nel salario dei costi sociali. In ogni caso, andando avanti nell’esercizio proposto, e col beneficio degli errori insiti nel metodo Fourastié, possiamo verificare che l’investimento in incunabuli figurati tiene nel tempo, riservando a volte anche piacevoli sorprese per gli investitori. In ogni caso, comparato all’investimento immobiliare, molto popolare in Italia e altrove, l’incunabulo non necessita di particolari e costose spese di manutenzione, non è soggetto a tasse nazionali, regionali o locali, è facilmente trasportabile ed occupa uno spazio relativamente modesto, è facilmente alienabile ad un prezzo corretto e nel frattempo, resta un veicolo di idee e di bellezza che difficilmente è rintracciabile in un immobile di pregio.

E l’offerta è rimasta sostenuta nel corso del periodo preso in esame, e resta comunque considerevole. Ancora oggi mentre scriviamo, una nota Casa d’Aste annuncia una vendita di un’importante biblioteca privata (martedì 9 aprile 2013 al 20, Rockefeller Plaza di New York) dove troviamo un esemplare della Hypnerotomachia Poliphili (lotto n°16) ad un prezzo di stima pari a 200,000 – 300,000 US $ ed un esemplare della Cronaca di Norimberga, edizione in lingua tedesca ma sempre del 1493 ed in bella coloritura d’epoca (lotto n°12) ad un prezzo di stima pari a 300,000 – 500,000 US $. E’ pur vero che i due campioni assunti per la nostra analisi sono alquanto speciali, e dal punto di vista della tiratura iniziale che per la conservazione e la bellezza delle xilografie, ma Cataloghi specializzati di vendita di incunabuli, ancora oggi se ne pubblicano alquanto, con presenze di edizioni molto reputate ed a prezzi non inaccessibili.[17]

Ma allora, questo gap tra Eco e Crevenna?

A parte gli errori del campione assunto, anche in questo caso certamente non esaustivo della realtà delle due epoche, è ora evidente che questa storia è stata presa a pretesto per considerazioni di altro tipo, anche se non scollegate dalla questione in sé. In realtà, e prima di tutto, noi non siamo in grado di valutare la commensurabilità dei patrimoni personali di questi due galantuomini né se la cartacea passione sia cominciata in un età giovanile o matura per entrambi. In ogni modo, qualche conclusione possiamo infine azzardare alla luce di tutto quanto considerato fino ad ora. Certamente l’offerta oggi non è più quella della fine del settecento, basti considerare il gran numero di new entry nel campo delle istituzioni culturali, che hanno cercato di acquistare quanto più possibile in ragione dei rispettivi limiti di bilancio, sottraendo esemplari al mercato. Ma non dimentichiamo che in the beginning c’erano comunque venti milioni di incunabuli! Ed inoltre, che i libri girano, come le carte di tressette, per buona fortuna degli appassionati. Quello che è certo è che il numero di questi ultimi è aumentato a dismisura, di pari passo all’affermarsi della borghesia in Europa. Le incongruenze nella formazione politica e sociale della borghesia hanno portato ad una ricerca dell’ampiamento dei veicoli di informazione e di formazione, che non è stato in grado di superare un rapporto solo feticistico con la cultura del passato, quindi acritico. Ciò è stato possibile  nonostante l’esistenza di un mercato, mai libero e dunque manipolabile. Infatti questo mercato è stato da subito condizionato dalle mode, che privilegiano quanto è più efficace sostenere tramite la pubblicità. La pubblicità va bene per promuovere  viti e bulloni; non può spiegare il valore culturale della merce; solo evidenzia quanto sia importante lo status che consegue dalla proprietà di quei veicoli  culturali, anche se i contenuti ad essi associati restano ignoti ed, anzi, vengono fraintesi. Questo può spiegare, in parte, l’incredibile caccia alle prime edizioni del Novecento, o peggio, alle éditions originales sostenute e promosse dai francesi nell’ultimo secolo. Il risultato è che il grande pubblico dei nuovi bibliofili è disposto a pagare 11,000 euro per i Canti Orfici di Campana[18]ovvero 6,500 euro per gli Ossi di Seppia di Montale[19], ed anche 2,750 euro per Il Gattopardo avendo qualche perplessità ad acquistare una bellissima copia dell’ Arbor Vitae Crucifixae Jesu Christi di Ubertino de Casali, offerta alla IV Mostra Mercato del Libro Antico a Palazzo Corsini nell’ottobre 2001, a soli 5,200 euro. Infine, tutto questo profitta a chi, immune da innamoramenti sostenuti dalle mode, abbia ancora curiosità, voglia e un po’ di danaro da consacrare alla raccolta degli incunabuli.

Altrimenti, il prossimo Catalogo Crevenna, scoperto tra tre secoli sul banco di un brocanteur, sarà ricco di album di Topolino, poesie d’amore di Ciccio Palla e rendiconti di viaggi di Licia Colò, tutti rigorosamente in prima edizione e riccamente illustrati.

Dario Chello - Roma, 4 aprile 2013



[1] “Manuale degli incunabuli” Milano, Mondadori, 1939 : “I calcoli fatti su questa materia dai bibliografi danno come esistenti da 30 a 35,000 edizioni del secolo XV. Se si considerano le opere, pur citate in scritti coevi ma di cui non ci è pervenuto alcun esemplare, si può arrivare a 40,000

[2] “L’età degli incunabuli” Brevi note. Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1973. L’autore riporta, in appendice, il testo di una lettera dedicatoria datata 20 marzo 1472 di Giovanni Andrea dei Bussi a papa Sisto IV. La lettera evidenzia la produzione di due tipografi-editori tedeschi, Corrado da Sweynheim ed Arnoldo Pannartz installati dapprima a Subiaco (1464)  e quindi a Roma (1467), a tutto il 1472.

[3] Anno XIV, Maggio-Giugno 1912, pag. 114 e segg.

[4] Guerriera Guerrieri, “Linee di biblioteconomia e bibliografia” Seconda edizione riveduta. Napoli, Guida, 1973.

[5] Si noti come la Guerrieri usi correttamente il vocabolo edizioni e non libri, usato erroneamente dall’Olschki (art. cit. 1) salvo poi ad usare anch’ella il vocabolo libri nella nota di pag.163. Ma è evidente che una edizione può essere tirata in numerosi esemplari, ed ogni esemplare è un libro. Considerando, quindi, una tiratura media-massima per gli incunabuli di 500 esemplari, ciò comporterebbe che le edizioni anteriori al 1500 sono all’incirca 40,000 ma gli esemplari (libri) stampati sono circa venti milioni (40,000x500=20,000,000).

[6]  Catalogue des livres de la bibliothèque de M. Pierre Antoine Bolongaro-Crevenna. Amsterdam, D.J. Changuion & P. den Hengst, Librairies dans le Kalverstaat, 1789

[7] Per notizie su Pietro Antonio Bolongaro-Crevenna si veda in Treccani.it Dizionario Biografico degli Italiani.

[8] Jean-Claude Carrière, Umberto Eco “Non sperate di liberarvi dai libri” Bompiani, 2009.

[9] La Bibliofilia, Anno XV, Aprile 1913 e segg. Pagine 21, 121, 186 e 217.

[10] H.P. Kraus, catalogo 90, senza data, n°128

[11] “Il Bibliofilo” Anno I, Agosto-Settembre 1880, nn. 8 e 9, pag. 123.

[12]Sembrerebbe sia anche possibile scaricare l’edizione Aldina da :
http://mitpress.mit.edu/e-books/HP/hyp000.htm. , ma noi non ci siamo riusciti!

[13] Per esempio quella di Adelphi, nella collana “Classici” del 1998 in due volumi, messa in vendita a 140.00 euro (ristampa anastatica).

[14] “A rare book saga. The autobiography of H. P. Kraus”, New York, G. P. Putnam’s Sons, 1978, pag. 33 : “Koberger, who ran the biggest publishing operation of the whole incunabula age, issued German and Latin editions and sold copies all over Europe. The total number printed was around 2,000 very large for those times, of which a considerable quantity has been preserved.”

[15] Tutti gli esemplari citati sono in ottimo stato di conservazione, ancorché in legature differenti, se non precisato diversamente.

[16] Maurice Rheims, “Les collectionneurs” Paris, Editions Ramsay, 1981, pag. 290.

[17] Per esempio il bel catalogo di Stuttgarter Antiquariat, Stuttgart, catalogo 150, giugno 1992, Incunabula Typographica che offre 85 incunabuli in vendita a prezzi marcati.

[18] Marrani, Tipografia Ravagli, 1914.

[19] Gobetti, 1925. Vedasi in proposito l’articolo su Il Sole 24 Ore, domenica 17 marzo 2013, pag.41.




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