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Stefano Salis (Sole 24 Ore) e le rarità bibliografiche del Novecento

Data 01/12/2020       Categoria Articles and Publications
Autore Admin

Stefano Salis (Sole 24 Ore) e le rarità bibliografiche del Novecento

Pubblichiamo due interessanti articoli di Stefano Salis (da noi intervistato recentemente, Leggi articolo >> ) apparsi sul Sole 24Ore: uno del 2002 ed uno del 2011: uno dei mitici libri del Novecento quasi “sognato' da Salis nel primo articolo, “riappare, come in una favola” 9 anni più tardi, acquistabile ad una Mostra del Libro Antico. Anche questo è il compito del libraio antiquario…

10-11-2002: Pablo Neruda, La favola del Capitano
É vero. Dietro ogni libro c'è una storia; a volte più di una. Ma qualche libro ha più storia di altri: questo ha addirittura una favola. E un'anima. Si tratta dei Versi del capitano di Pablo Neruda, pubblicati clandestinamente e senza menzione dell'autore nel 1952 in Italia, a Capri, in 50 copie, tirate a mano dall'Arte Tipografica di Angelo Rossi.
Neruda è esiliato, espulso dal suo Paese perché comunista. Viaggia incessantemente e incessantemente scrive. Dell'amore che prova per Matilde Urrutia, una cantante che vive a Città del Messico. Liriche brevi, di straripante commozione e di concisione strepitosa, vergate su foglietti volanti su treni in corsa, aerei, alberghi, piazze. I due amanti clandestini si riuniscono a Roma, vagabondi, nel 1951. La città li emoziona, li conferma nel loro amore, ma Neruda riceve un provvedimento di espulsione. Scatta la solidarietà degli amici. Uno scienziato, Edwin Cerio, offre al poeta ospitalità a Capri. I due amanti vanno a vivere sull'isola: il miracolo è compiuto. Chi ha visto Il postino lo intuisce bene se ripensa alla scena straordinaria nella quale Philippe Noiret fa sentire a Massimo Troisi una struggente versione del tango Madreselva. Accolti dalla calorosa accoglienza dei capresi Pablo e Matilde coronano il loro sogno di vita insieme: così persino i giorni passati nell'incertezza sembrano meno tristi.
E delle liriche di Pablo, che ne è stato? Le custodisce Matilde. Nell'aprile del 1952 il libro (iniziato nel gennaio del 51) è finito. Ma non può essere pubblicato. In primo luogo perché non ci sono soldi, poi perché Neruda esita a firmarlo, per non ferire la moglie Delia. L'amore per Matilde, cantato con tale passione e forza, è quasi scandaloso. Ma non lo si può fermare. Ancora una volta gli amici del grande cileno insistono e soccorrono. Con una sottoscrizione contribuiscono alle spese di stampa. Escono 44 copie (poi se ne aggiungeranno un altro paio), ognuna con il nome del sottoscrittore. A scorrerla rapidamente, questa lista, c'è di che rimanere a bocca aperta. Si sono tassati per finanziare la pubblicazione personaggi amici della coppia come Jorge Amado, Nazim Hikmet, Salvatore Quasimodo, Elsa Morante o Vasco Pratolini, ma anche Togliatti, Caccioppoli, Guttuso, Trombadori, Alicata, Carlo Levi e Pietro Ingrao, un giovanissimo Giorgio Napolitano e Francesco De Martino, Luchino Visconti o la maestra antifascista novarese Elvira Pajetta Berrini. Il libro esce, finalmente, ma anonimo.
E solo qualche anno dopo questi versi troveranno il coraggio del padre: saranno loro il figlio che la coppia non ha avuto. Cinquanta anni dopo, l'ambasciata cilena in Italia (con un gesto di politica culturale davvero finissimo) ha deciso di ristampare in anastatica l'opera. Stessa copertina, stesso editore; di più: stessa è anche la linotype usata nel 52 come oggi, una gloriosa macchina custodita dal tipografo Rossi. Tocco finale: la tiratura è stata completata lo stesso giorno di 50 anni fa, l'8 luglio. Una tiratura di 1000 esemplari, dei quali 50 nominativi, fuori commercio, destinati, supponiamo, a finire subito nel mercato ghiotto della rarità bibliografica. E se non è una favola questa, diteci cos'altro lo è.
Ultima nota. Parlare del contenuto dei Versi del Capitano è superfluo. Sono alcune delle più belle liriche amorose mai scritte: semplicemente, immancabili. Amor mío,/ nos hemos encontrado/ sedientos y nos hemos/ bebido toda el aqua y la sangre,/ nos encontramos/ con hambre/ y nos mordimos/ como el fuego muerde, dejándonos heridas.// Pero espérame,/ guárdame tu dulzura,/ yo te daré también/ una rosa. Non c'è null'altro da aggiungere al silenzio e alla commozione.

06-03-2011: I bestseller dell'antiquario
L'Originale di Laura, il manoscritto dell'ultimo romanzo, incompiuto, di Vladimir Nabokov, scritto a Montreaux tra il 1975 e il 1977 e che fu al centro di polemiche e clamorose accuse, ci sarà. «Sono 138 schede bibliografiche a righe in cartoncino Bristol di mm 110x150, vergate a matita unicamente al recto» recita la scheda. Erano passate da Christie's, a Londra, lo scorso novembre e vendute per quasi 90mila euro a un privato. Ora, alla mostra del Libro Antico i curiosi le potranno vedere. E, chissà, trattare e, magari, comprare. Le propone la libreria romana Arion-Philibiblon.
Vi piace di più il cinema italiano e i suoi memorabilia? Ecco «una magnifica collezione di libri, affiches, locandine, fotografie, che rende conto in modo esaustivo dell'opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini», che l'anno scorso alla Permanente fu protagonista assoluto, in presenza (una mostra) e in assenza (il presunto capitolo di Petrolio). Lo Studio Bibliografico Arengario di Gussago (quanto sono bravi con i loro cataloghi!) ve lo propone per 26mila euro: la collezione è di 112 pezzi, inscindibile.
Non basta: ecco Bruno Munari, il più grande di tutti, con quasi 180 pezzi, ma stavolta vendibili in singolo. Giorgio Maffei, libraio antiquario torinese che dei libri di Munari sa tutto, propone dalla Litolatta di Tullio d'Albisola (e siamo sui 50mila euro) ai pezzi che non superano i cento euro (non solo libri: c'è anche lo Swatch Tempo libero). E poi, certo, ci sono sempre incunaboli, cinquecentine, lettere, manifesti, isolari, ricettari, libri del Settecento, legature sopraffini, manoscritti, antologie insolite, collane intere, dispersi, introvabili del Seicento: insomma è una mecca per bibliofili e per tutti i gusti. Quasi sessanta librerie, tra le migliori a livello italiano e internazionale.
Proprio perché il rapporto tra bibliofilo e libraio sta cambiando, andare a vedere di persona in mostra i libri è più che mai importante. Spesso, infatti, anche il rapporto con il libro antico si è fatto 'virtuale'. Santo Alligo, siculo-torinese, tra i più eclettici collezionisti italiani: «Per quanto mi riguarda posso dire che collezionare libri di antiquariato e modernariato oggi è più complicato, sia per il libraio che per il collezionista». Fino a una decina di anni fa si andava dal libraio, si vedeva, appunto, o si leggeva il catalogo. «Con internet molte cose sono cambiate. Di un titolo medio hai sempre molte proposte e monitori bene il mercato. Oggi un'edizione che una volta compravi a 5mila euro la trovi a 1.500. Ci sono aste per telefono e online. Si compra anche bene. A me è capitato di comprare a un'asta francese una spettacolare tempera di Umberto Brunelleschi (1912) a 1.500 euro. Se l'avessi acquistata da un antiquario smaliziato e consapevole, l'avrei pagata il suo prezzo, dai 10 ai 15mila euro». In questo caso l'affare l'ha fatto il collezionista...
«Tutto vero», spiega un veterano dei librai antiquari come Sergio Malavasi, titolare di una gloriosa libreria milanese. «Ma bisogna specificare. Su internet ci sono i pezzi di media caratura, non le rarità assolute. Poi, sì, il mercato si sta radicalizzando, per merito o colpa della rete, a seconda dei punti di vista». In generale, per esempio, si può dire che i prezzi sono calati. E questo è il vero nodo. «Ma la rarità vera è sempre più rara, e viene ancora premiata. I prezzi possono solo salire o al limite mantenersi, in tempi di crisi». Il libro di punta, infatti, ha visto i prezzi salire alle stelle. «Se l'autore ha un'importanza riconosciuta, tutti lo vogliono: è ancora un ottimo investimento» dice Malavasi. Ci sono nicchie che tendono a svalutarsi (tutto il Seicento, il Settecento, ma, ancora, non gli autori maggiori) e intere 'zone', invece, che crescono fortissimo.
Ecco spiegato il Novecento; e non è un caso che qui si sono elencati e scelti solo testi, più o meno celebri, dell'ultimo secolo. «In 15 anni è cambiato tutto – spiega Giorgio Maffei, antiquario e studioso –. Si sente anche la crisi, in particolare per i collezionisti di taglia media, che magari non possono permettersi di togliersi un po' di soldi ogni mese per i libri e rinunciano a qualche pezzo». Vanno sul sicuro i più forniti di portafoglio e quelli che scommettono su autori e movimenti leggermente diversi. C'è chi consiglia l'Arte Povera, che produsse ottimi libri, ed è destinata a salire, chi punta sulle riviste del secolo scorso. «Sì, occuperanno spazio ma crescono di valore. Io a una collezione completa di 'Abitare', il posto lo troverei» chiosa Malavasi.
Lo Studio Bibliografico Marini di Valenzano (Bari) ha una delle 44 copie dei Versos del Capitan di Pablo Neruda (L'Arte Tipografica di Paolo Ricci, 1952). Neruda pubblicò il libro d'amore per Matilde Urrutia in forma anonima, per non ferire la moglie. La tiratura esclusiva era destinata a un gruppo di sottoscrittori illustri, elencati in coda al libro, che ne sovvenzionarono la pubblicazione. Tra questi Giorgio Napolitano, Palmiro Togliatti, Pietro Ingrao, Elsa Morante, Vasco Pratolini, Salvatore Quasimodo, Jorge Amado, Nazim Hikmet, Carlo Levi, Renato Guttuso, Luchino Visconti, Giulio Einaudi. Questa è la copia che fu di Quasimodo. Costa 34mila euro.
Munari per tutti i gusti: una fantastica collezione munariana è proposta dallo specialista Giorgio Maffei. Circa 180 pezzi, da quelli con quotazioni stellari (sui 50mila per la «Litolatta» di Tullio d'Albisola) alle poche centinaia di euro per pezzi più comuni. Medesimo prezzo (10mila euro) per una copia dei mitici Canti Orfici di Dino Campana (Marradi, 1914, Tipografia Ravagli, copie con dedica all'«Imperatore dei tedeschi»). In mostra lo propongono Malavasi di Milano e Pregliasco di Torino.
Ma è anche vero che i collezionisti e i bibliofili non si interessano più di tanto alle ondivaghe fluttuazioni del mercato. Seguono il loro istinto, la loro passione, le loro ossessioni. Disposti a far follie per pezzi che completano la collezione e che altri trovano insignificanti. In fondo è il bello della bibliofilia: non solo non è una scienza esatta ma, semplicemente, non sopporta consigli saggi e raccomandazioni. Ciascuno è solo nella sua strada, in cerca di miraggi che solo a lui appaiono.




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