Alla cena per la proclamazione del Premio Bagutta 1996 conobbi tra i premiati una giovane signora che mi comunicò di avere pubblicato un libro su Aurel Milloss. È passato un anno o più e io non l’ho ricevuto né visto in libreria e ho dimenticato il nome della signora. Mi è invece tornato alla mente il soggetto del libro annunciatomi, cioè Aurel Milloss, tra i miei primi e interessanti clienti, non soltanto per la distinta eleganza e la bellezza fisica ma in particolar modo per la materia cui volgeva la sua ricerca di libri, che per la rarità e perspicuità mi è sempre piaciuto trattare. Milloss faceva collezione di libri concernenti la storia della danza e le origini del balletto.
Ci eravamo conosciuti frequentando la cerchia degli amici musicologi o musicisti, da Luigi Rognoni e Ferdinando Ballo, a Luigi Dallapiccola e a Goffredo Petrassi. Venne a trovarmi in libreria e parlammo della sua collezione, che in piccola parte contribuii poi a formare. Possedeva naturalmente il testo più antico, quello di Guglielmo Ebreo, teorico della danza italiana del XIV secolo, pubblicato soltanto alla fine dell’Ottocento nella collezione Romagnoli Dell’Acqua, e possedeva già alcuni tra i libri più preziosi sull’argomento, come Il trombone del Negri, oltre al Ballarino del Caroso, entrambi pubblicati tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento. Gli diedi, ricordo – in quel periodo Milloss fu alternativamente coreografo dell’Opera di Roma e del Teatro alla Scala –, da esaminare la mia collezione di documenti – ritratti, scenografie, passaporti, libretti – che testimoniavano anche dei viaggi per tutta Europa, tra l’altro in Russia (e in Russia è significativo che Gaspare Angelini fu al servizio, come primo ballerino, dell’imperatore dal 1762 al ’72), di Salvatore Viganò e della sua famiglia che – seguendo la riforma in comune con Noverre, nonostante le dispute di priorità, cioè alternando alla danza la pantomima – misero tra l’altro in scena il famoso Prometeo musicato da Beethoven, di cui possedevo anche il libretto originale, oltre all’Orfeo e Euridice di Gluck. Qualche studioso potrebbe indagare, se gia non è stato fatto, sulle possibili influenze di questi italiani sulle origini del balletto russo.
Potei dare a Milloss le Lettres sur la danse et le ballet di Noverre nella seconda e migliore edizione, ma non la Dissertation sur les ballets pantomimes des anciens di Angiolini, di cui un rarissimo esemplare Walter Toscanini trovò durante la ritirata di Caporetto e fece riprodurre nel 1956 dopo averlo donato insieme agli altri libri della moglie, la danzatrice Cia Fornaroli, alla New York Public Library. Diedi anche a Milloss un bellissimo esemplare (forse unico), impresso su carta velina verde, del libro di Carlo Ritorni, Commentari del- la vita e delle opere coreografiche di Salvatore Viganò, Milano 1838. Viganò godeva della grande ammirazione di Stendhal che ne parla ripetutamente, sia per gli spettacoli ?geniali? cui assiste al San Carlo di Napoli, sia per quelli della Scala, dei quali, a proposito di Viganò coreografo e ballerino, scrive ?ce grand poete muet?, avendolo in precedenza paragonato, nel suo entusiasmo come sempre eccessivo, a Shakespeare.
Ma, tornando a Milloss è giusto dire che fu in Italia il migliore e più colto interprete del balletto moderno, da Le sacre du printemps e Petrouschka di Strawinski, alla Follia di Orlando di Petrassi, con scene di Casorati, a Marsia di Dallapiccola e a Visage di Berio.
Alberto Vigevani
La febbre dei libri
Memorie di un libraio bibliofilo
Sellerio editore - Palermo