Probabilmente il nome di Augusto Arcelli non dirà molto, o forse assolutamente nulla, alla maggior parte dei consoci; egli non era infatti membro della nostra associazione, anche se i colleghi bolognesi lo conoscevano tutti. Augusto era infatti più un bouquiniste che un libraio antiquario, e lo si incontrava solitamente alla Fiera del Libro usato che un tempo si teneva sotto i voltoni di Palazzo Re Enzo (che ha appena ospitato la nostra recente, affollatissima fiera ILAB), oppure nel suo negozietto in via Solferino, vicino al Tribunale di Bologna.
Il suo negozio era forse il luogo con la più alta densità di libri di Bologna, e poiché era piccolissimo di metratura ogni movimento andava calibrato con la precisione di un orologiaio svizzero, allo scopo di non fare crollare le varie pile ammassate in modo geometricamente ordinato – come lui era – ma spesso spinte a sfidare le leggi della fisica, allo scopo di utilizzare al meglio lo spazio a disposizione.
Al visitatore era concesso solo un piccolo spazio all’entrata, poco più di tre spanne di ampiezza, e sono convinto che più di un cliente con problemi di obesità abbia desistito dall’entrare dopo la prima occhiata, o forse sia stato gentilmente invitato a uscire dal buon Augusto dopo aver maldestramente rovesciato qualche pila nel tentativo di ‘vedere’ qualcosa.
Tuttavia, il mix di qualche libro antico, buone edizioni fuori commercio, fumetti, pennini, penne stilografiche, stampe e qualche affiche qua e la inducevano sempre il passante a tentare una sortita all’interno, attirato dal buon ‘fumus’ librario che ne promanava, e se per ventura Augusto era presente, magari intento a dipingere (la sua seconda passione), allora per l’avventore potevano esserci speranze … anche di non comprare nulla, poiché egli amava tenere per se la maggior parte delle cose che teneva in negozio, anche se non erano rarità bibliografiche.
Non si pensi per questo che non conoscesse i buoni libri antichi, al contrario era un appassionato bibliofilo con un’ottima cultura, che al termine di ogni fiera del libro amava investire una parte del proprio ricavo nell’acquisto di un libro antico per la sua piccola collezione, preferibilmente dedicata ai libri figurati del XVI e XVII secolo.
Ogni qualvolta acquistava un libro per se, era solito sfogliarlo pagina per pagina per verificare la nitidezza delle illustrazioni (xilografie o rami che fossero), ed era molto attento a scegliere copie che fossero ben inchiostrate.
Io lo incontrai poco più di vent’anni fa in questi giorni, e dopo alcuni piccoli acquisti – essendo all’epoca un ‘amateur’ di pochi mezzi – gli proposi un piccolo lotto di libri perlopiù scompleti che avevo acquistato (allo scopo di tenerne solo alcuni) e lui mi offrì molto gentilmente di porli in vendita sul suo banco, il che avvenne con reciproca soddisfazione, dando il via a un rapporto di collaborazione durato diversi anni, e di amicizia, che non è mai venuta meno.
Tengo a precisare che Augusto Arcelli era una persona benvoluta e rispettata da tutti, ed un libraio estremamente onesto e preciso, solito ad annotare sulla propria agenda la vendita di ogni libro che gli veniva affidato – io non ero certo l’unico a fornirlo - con precisione ragioneristica, e mai durante gli anni ci sono state discussioni - con me o altri - legate alla sua variegata ‘contabilità’.
Anche se da alcuni anni il mutamento della mia attività mi aveva portato a non avvalermi più della sua collaborazione, nondimeno era rimasto per me un amico, talvolta anche cliente, che andavo di tanto in tanto a visitare nei suoi luoghi propri, ossia la Fiera del libro e il negozio, e con cui amavo scambiare un po’ di chiacchere in dialetto bolognese su libri e aneddoti librari ed umani, talvolta rievocando le sortite serali dei miei inizi in cui con la Panda di mia madre stipata all’inverosimile, gli ‘rovesciavo’ sul selciato di Palazzo Re Enzo una variegata quantità di cartoni di libri, che lui avrebbe poi provveduto a esporre sul banco.
L’aspetto comico è che talvolta Augusto ‘battezzava’ che certi libri non avevano chances di essere venduti – ma del resto ognuno di noi ha le proprie manie - e così li teneva dentro le scatole, dando la stura a discussioni che si concludevano con un bonario ‘aloura va ben Pavlèn, admèn ai met tot fora, it cuntent ?’ (tr. “Allora va bene Paolo, domani te li metto tutti fuori, sei contento ?”).
Certamente, nel tempo non mi hai mai fatto mancare il suo incoraggiamento, amichevole e disinteressato, ed oggi, a distanza di vent’anni dai miei primi esperimenti - quasi ludici – nella vendita dei libri, apprendendo la notizia della sua morte proprio alla fiera del libro dove era avvenuto il nostro incontro, sento che una piccola, ma significativa parte di me se ne è andata per sempre.
Ciao Augusto, ci mancherai.
Paolo Rambaldi