Al congresso bibliografico che s'è tenuto in questi giorni a Firenze furono letti, discussi ed approvati molti progetti di varia importanza ed il tempo ci insegnerà se le riunioni saranno state qualche cosa più che accademie platoniche: questo congresso fu il sesto dacché s'è fondata la società bibliografica italiana, speriamo che i risultati di questo siano più evidenti e concreti di quelli dei precedenti che, per dir il vero, non conosciamo bene ed abbiamo invano cercato di conoscere. Volentieri avremmo fatto sentire al congresso le gravi fiscalità imposte all'esportazione di libri antichi in base all'esperienza da noi raccolta nell'esercizio della nostra professione, ma quando l'on. Morelli Gualtierotti, prendendo possesso del seggio presidenziale, nel suo discorso inaugurale di ringraziamento non si vantava soltanto con visibile compiacimento d'aver contribuito con tutte le sue forze al divieto dell' esportazione di oggetti d'antichità ed all'istituzione d'una tassa per il permesso d'uscita, ma ascriveva eziandio a questo successo parlamentare la sua elezione a presidente del Congresso, credemmo opportuno non portar neppure la questione sul tappeto per non suscitar delle discussioni dispiacevoli.
Ma quel che non facemmo allora ci sia lecito di trattar qui nelle pagine di questa Rivista. Anzi tutto dobbiamo dichiarar che siamo contrari al principio stesso di restringere o di proibire addirittura l'esportazione di oggetti d'arte; l'arte non conosce confini e chi ama la vasta diffusione della coltura, non può opporvisi. Se gli altri Stati dovessero imitar l'esempio dato dall'Italia, sarebbe addirittura necessario di cingerli tutti di muraglia cinese. Non si può dichiarare obiettivamente che al mondo non esiste che l'arte italiana e che quella degli altri paesi passi in linea men che secondaria; sublime è certamente l'arte antica dell' Italia, ma non lo è meno quella della Germania, della Francia, dell'Olanda ecc., deli quali si trovano numerosi esempi nelle grandi gallerie pubbliche e private dell' Italia. Se l'emigrazione di quadri o sculture fa temere una diminuzione del numero di viaggiatori in Italia — e questo sembra d'esser un motivo per le restrizioni almeno tanto forte come quello del patriottismo — dobbiamo contrapporre che l'Italia eserciterà sempre il suo fascino sugli animi dei forestieri perché inesauribilmente ricca di musei, gallerie e monumenti in tutti i suoi angoli, perché, mentre all'Estero da per tutto una città assomiglia all'altra, ognuna dell'Italia ha un suo proprio carattere e perché né il sole, né il cielo, né la vegetazione possono essere esportati neppure per i miliardi d'un Morgan, Carnegie, Vanderbilt ecc. ecc. Sarebbe inutile discutere qui più a lungo una questione che da tanto tempo è oggetto di vivaci dibattimenti nelle gallerie, nelle sfere degli antiquari, commercianti e.... nei tribunali, tanto più che difficilmente si potrebbero addurre nuove ragioni, ma se pel divieto del l'esportazione di quadri e sculture possono esservi dei motivi che lo giustifichino ancor, sia pur debolmente, crediamo che non ne esistano affatto per quello che concerne l'emigrazione di libri stampati e d'incisioni.
L'editto Pacca si riferisce unicamente ed esclusivamente agli oggetti d'arte del pennello e dello scalpello e di sommo pregio o d'interesse singolare, di tipo e di scuola e quasi unici nel loro genere, ma giammai quelli creati con mezzi di riproduzione quali sono i libri e le incisioni. Tutt'al più potrebbe intendersi esteso ai codici ornati di pregevoli miniature. L'arte tipografica fu portata da tedeschi in Italia; uno stampatore tedesco, Giovanni Numeister di Colognia, impresse la prima edizione del Dante; ma non lo fece soltanto per l'Italia ma per tutt'il mondo, ed i numerosi tipografi tedeschi del XV secolo che esercitarono l'arte nuova in Italia hanno contribuito non poco alia fortuna ed alla gloria di questo paese. Che le edizioni siano state destinate a tutt'il mondo, è provato dallo spirito dell'arte stessa, dal numero, più o meno grande, degli esemplari; vi si aggiunga però anche il fatto che moltissime furono dedicate a fautori o cultori di scienze, lettere ed arti di paesi lontani, ed ora vuolsi far credere che sia patriottismo di frenar l'emigrazione di cotali edizioni? Dal nostro punto di vista ciò è addirittura antipatriottico. La gloria d'un paese consiste nel fatto di veder diffuse ed apprezzate le opere d'ingegno dei suoi figli. Qual danno sente l'Italia dal saper onorato il sommo suo poeta nei paesi più lontani del mondo, dove per culto e studio del padre delle lettere italiane si costituiscono delle società d'eruditi e dotti e si formano delle biblioteche speciali che rispecchiano il movimento intellettuale di sei e più secoli? Nessuno davvero, anzi vantaggio morale e materiale. Eppur si sentì dire al congresso nella proposta di formar una biblioteca dantesca a Ravenna che ciò non fosse soltanto un dovere di riconoscenza verso il divino poeta ma pur un obbligo patriottico di conservar all' Italia i cimeli della letteratura dantesca! La proposta fu accolta con acclamazione, ed or attendiamo di vederla tradotta in fatto che, se fosse coerente coll'entusiasmo dell'assemblea, dovrebbe essere addirittura prodigiosa. Il progetto fu presentato da una nobile, colta e ricca signora, dalla quale per altro non si attendono generosità simili a quelle del Carnegie che, senza far verbo e meno ancor proposte, offre milioni, ma qui si parrà la sua nobilitade.
Veniamo ora alle fiscalità inerenti all'esportazione di libri antichi, fiscalità create col concorso della Società bibliografica italiana. Quando si vuole spedire all' Estero oggetti artistici, di autori non viventi od antichi, è obbligo del mittente di presentarli alla Galleria per ottenerne il permesso d'uscita pel quale si ha da pagare una tassa del sei per cento del valore: Leggiamo nel Bullettino del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, N. XXX (26 luglio 1902) a pag. 965 sotto il § 509 : « Per oggetti artistici .... s'intendono .... i codici miniati, i disegni, le incisioni, le stampe ed i libri figurati e rari, gl'incunabuli, gli antichi manoscritti .... ». Non· è chi non scorga i gravi scogli che si presentano nel leggere queste disposizioni. Chi stabilisce il valore d'un oggetto artistico sul quale devesi pagare la tassa del sei per cento? Il mittente o la Galleria? E se non si trovano d'accordo? Se il mittente ha venduto l'oggetto ad un prezzo che all'impiegato della Galleria sembra troppo basso? e vi si potrebbero far molte altre domande, poiché il prezzo d'un oggetto antico è sempre relativo, mai assoluto. Puossi poi pretendere che alla Galleria conoscano la rarità, il valore, il pregio di manoscritti antichi e di libri in genere? Che c'entra la Galleria? Abbiamo più e più volte scorto l'immenso imbarazzo in cui si trovavano gli impiegati della Galleria quando presentammo loro per il permesso d'uscita manoscritti, libri figurati ecc., e sempre lamentammo le disposizioni troppo elastiche che creano confusioni, incertezze, noie inutili e danni considerevoli. Non occorre davvero che noi aggiungiamo altre considerazioni in merito, perché ognuno che legge l'articolo sopracitato ne riconosce subito i vari inconvenienti, a cui può dar luogo, e i difetti più grossolani che si possano immaginare in una prescrizione di legge che dovrebbe essere chiara, precisa el determinata. Ma andiamo innanzi. Se noi non possiam pretendere che alla galleria conoscano rarità e valore di libri, lo possiamo meno ancora dai doganieri, i quali creano per conto proprio delle difficoltà e cagionano dei danni di cui non può aver idea chi non ne ha avuto delle prove come noi nell' esercizio della nostra professione di libraio antiquario. I cortesi nostri lettori che sono tutti bibliofili appassionati e provetti leggeranno certamente con segni di stupore gli esempi poco edificanti della burocrazia pedante da noi raccolti. Accade spesso che noi en connaisseurs - modestia a parte - non crediamo necessario il presentare dei volumi richiestici da clienti stranieri alla Galleria, poiché, secondo il nostro parere, non appartengono alla categoria di quelli che la disposizione di legge enumera, e ci vediamo poi arrivare l'avviso di una dogana del confine che una spedizione di libri vi fu fermata perché non accompagnata dalle carte necessarie della Galleria. Ogni tentativo di dimostrare che i libri in questione sono comuni e non ne hanno bisogno, riesce vano: la dogana rispedisce il pacco all'indirizzo della Galleria, questa dà il nulla osta e il pacco ritorna per proseguire; le spese sono tutte a carico del mittente, e nessuno si cura, se questi subisca dei danni più gravi ancora causati dalle lungaggini e dalla mancata consegna in tempo debito. È una vera fortuna che i libri non vengano manomessi dai sapienti doganieri italiani e non accadano dei guai come ne avemmo a lamentare uno con una spedizione diretta - anni addietro - ad un bibliofilo austriaco che conteneva alcuni splendidi libri d'ore francesi stampati su pergamena ed ornati di magnifiche miniature.
I doganieri sapienti riconobbero in questi volumi che cominciano, come ognuno sa, con un calendario « Januarius habet XXXI dies » , degli almanacchi e bollarono i frontespizi con un timbro ad olio; così fecero i doganieri tedeschi con antiche carte da giuoco, coi tarocchi di Mantegna, finché dietro i reclami e le proteste dei mittenti e dei destinatari e la pubblicità della stampa fu dai respettivi governi energicamente provveduto affinché non si ripetessero i lamentati inconvenienti.
Ma anche le disposizioni di legge per il dazio da pagarsi per l'importazione di libri dall'Estero sono così vaghe che danno spessissimo motivo a discussioni dispiacevoli tra i veri bibliofili conoscitori e i doganieri bibliofili di circostanza che finiscono ad aver ragione per forza, poiché se quelli si rifiutano di accettar le dichiarazioni della dogana, cioè di pagar il dazio, questi minacciano di mandar un volume come campione al· Ministero per aver la decisione che non può arrivare prima che sian spirati tre mesi! I libri ornati d'incisioni debbono pagar un dazio considerevole, se il testo serve a spiegar le tavole, mentre ne sono esenti se le tavole illustrano soltanto il testo! Per non sbagliare in questa distinzione, pei doganieri non facile, prevale nella dogana quasi sempre il primo, e bravo colui che riesce a convertirla al secondo!
Tornandp all'emigrazione di libri rari e preziosi ci teniamo a constatare che noi avevamo il sistema di proporre sempre le opere importanti anzi tutto a quelle biblioteche del Regno che ci sembravano quasi - diremo - obbligate di farne l'acquisto, poiché avrebbero trovato colà la loro sede naturale, ma pur troppo senz'alcun successo. Noi stessi ci sentivamo in dovere di ricondurre dei cimeli alle biblioteche persino a costo di grave sacrifizio materiale, ma sempre invano di modo che siamo scoraggiati a rinnovare i nostri tentativi. Perché non si creda che queste siano asserzioni gratuite, incontrollabili, non esitiamo di citar alcuni esempi. Possedemmo uno splendido ms. autografo di Bonavoglia intitolato Monumentum Gonzagium egregiamente descritto ed illustrato in questa Rivista dal chiar. Prof. Enrico Rostagno; ci credemmo moralmente obbligati di segnalarlo e d'offrirlo alla biblioteca di quella città con la quale la storia dei Gonzaga è particolarmente legata, al prezzo di costo, permettendole di pagarlo a rate annue, se i fondi non fossero subito disponibili: la proposta fu portata innanzi alla commissione, la quale s'è pronunciata come ci fu comunicato dal R. Commissario, intorno all'acquisto in termini rejettivi. Altri tentativi ebbero il medesimo risultato, mentre bastò soltanto un breve cenno alla Nazionale di Parigi per indurla all'acquisto del codice al prezzo vero del suo valore.
Ne demmo avviso al R. Commissario il quale a sua volta credette opportuno risponderci con una denunzia diretta al Ministro dell'Istruzione Pubblica. Un altro codice membranaceo importante di Cristoforo Landino fu mandato per esame ad una Biblioteca che credemmo in obbligo di acquistarlo con premura e gratitudine; fu tenuto per molto tempo nel suo involto, e alla richiesta, se si dovesse considerare come acquistato, ce ne fu fatto il rinvio tal quale fu mandato. Una semplice descrizione del codice inviata alia Reale Biblioteca di Berlino indusse il direttore della medesima a farne immediatamente l'acquisto.... e potremmo enumerare molti altri esempi, ma crediamo che questi siano talmente eloquenti da dispensarcene; essi dimostrano che, mentre da una parte si cerca con tutti i mezzi di conservare all'Italia i cimeli letterari, dallaltra si manifesta un'indifferenza che è difficile di spiegare in chi anzi tutto dovrebbe essere animato da tal desiderio e potrebbe anche, volendo, appagarlo. In tutt'il mondo le grandi librerie sono centri del convegno dei bibliofili, com'era l'uso persino nell'antica Roma; ci vediamo ogni giorno onorati di visite da parte di bibliotecari e bibliofili d'ogni parte del mondo che vengono a conoscere ed ammirar le nostre collezioni come quele di musei e biblioteche, mentre aspettiamo ancora — dopo otto anni — la visita dei bibliotecari della Nazionale di Firenze.... Lungi da noi l'interesse materiale di qualunque genere; soltanto il vivo desiderio di non veder questo nostro bel paese inferiore in nulla agli altri ci mosse a far questa digressione significante, e di ciò vogliano tenerci scusati i nostri cortesi lettori. Confidiamo che le nostre osservazioni intorno alle aumentate fiscalità arrivino all'orecchio di chi è in grado di toglierle, e ciò non nell'interesse di chi possa trarne profitto matertale, ma soltanto nell'interesse generale del commercio e più ancora dell'antico buon nome di questa cara nostra Italia, Le disposizioni dell' Editto Pacca, e le modificazioni in peggio apportatevi dalle affrettate e confuse discussioni del Parlamento, e dai soliti ed ancor più confusi e arbitrari regolamenti sono una deroga alle leggi che garantiscono il diritto di proprietà, la libera disponibilità delle cose proprie, senz'alcuna distinzione. V'è la legge d'espropriazione per causa di pubblica necessità od utilità, ma con molte garanzie a favore dei proprietari, e sempre mediante una piena indennità. Quindi è principio generale di diritto che simili disposizioni vadano interpretate nel senso più ristrittivo, cioè in modo che si rechi la minor offesa possibile all'altrui proprietà e in ogni caso ogni dubbio sia risoluto a favore di essa. Dicasi lo stesso del dazio doganale per l'importazione o introduzione nel Regno e molto piu della tassa d'esportazione, che è unica nel suo genere e onninamente contraria alia libertà del commercio, e al benessere nazionale; dacché senza l'esportazione di qualsiasi merce, l'industria e i traffici vengono a languire e a mancare, e con essi viene a mancare il denaro che n'è l'anima. Quindi il dovere d'ogni provvido Governo di favorire, anziché inceppare, ogni sorta di esportazione, anche di oggetti d'arte e d'antichita, esportazione che per alcune città come Roma e Firenze è stata sempre una delle principali risorse, e che pero inceppata o impedita sarà la rovina non solo di tanti commercianti, antiquari, librai e mediatori, ma anche di non poche famiglie decadute, alle quali per tirare avanti non resta che alienare oggetti a loro cari; ed è veramente incivile che il Governo e gli offici burocratici e i doganieri rendano loro più duro questo distacco con vessazioni d'ogni sorta. Ma se è vero il detto dell'antica sapienza Vexatio dat intellectum, il grido di dolore per tanti legittimi interessi contrariati e lesi farà presto rinsavire i nostri legislatori e i nostri Governanti.
Firenze, Ottobre 1903. LEO S. OLSCHKI
da
La Bibliofilia
RIVISTA DELL'ARTE ANTICA IN LIBRI, STAMPE, MANOSCRITTI, AUTOGRAFI E LEGATURE DIRETTA DA LEO S. OLSCHKI
Anno V Ottobre-Novembre 1903 Dispensa 7-8