SABA, Umberto (1883-1957). Poesie. Con prefazione di Silvio Benco. Firenze, Casa editrice italiana, 1911.
PRIMA EDIZIONE della prima raccolta poetica di Umberto Saba, che fu pubblicata a sue spese nel novembre del 1910, ma uscì con la data dell’anno successivo. Qui per la prima volta egli si siglò con lo pseudonimo di Saba, che sarà da lui ufficializzato all’anagrafe nel 1928. Le oscure origini del nome sono probabilmente da ricondurre alle origini ebraiche della madre.
Ai suoi esordi Saba venne stroncato da Benedetto Croce, ma ricevette l’apprezzamento, seppur non del tutto disinteressato, di Gabriele D’Annunzio. La sua poesia si poneva in controtendenza rispetto al simbolismo in voga a quel tempo. Condizionato da un’infanzia difficile, che lo farà sempre sentire un “diverso” e gli causerà forti disturbi nervosi, egli fu tra i primi poeti italiani ad interessarsi alla psicanalisi, verso cui sentiva una forte affinità. Nel corso della sua vita Saba raccolse e pubblicò più volte i suoi componimenti, sottoponendoli ad una continua revisione.
Umberto Poli nacque a Trieste da madre ebrea e padre italiano convertitosi alla religione ebraica. Il matrimonio non funzionò e il padre se ne andò, abbandonando moglie e figlio. Allevato dalla balia “Peppa” fino all’età di quattro anni, la ricongiunzione con la famiglia materna fu per lui un grande trauma. Dopo gli studi superiori frequentati ma non conclusi, nel 1903 si trasferì a Pisa per seguire i corsi universitari. Il primo attacco di violenta depressione lo indusse tuttavia a tornare a Trieste dopo solo sei mesi.
Tra i 1905 e il 1906 visse a Firenze, dove conobbe Gabriele D’Annunzio, i “vociani” Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini e la concittadina Carolina Wölfler, la celebre Lina delle sue poesie, che in seguito sarebbe divenuta sua moglie.
Essendo cittadino italiano, nel 1907 fu chiamato a passare due anni di ferma militare. Dopo il congedo fece ritorno a Trieste e si sposò. Nel 1913 cominciò a lavorare al Canzoniere, poi terminato nel ’19 e pubblicato nel ’21, che raccoglie tutta la sua produzione poetica fino a quel momento. Durante la guerra venne assegnato a diversi ruoli di retroguardia. Nel 1918 fu ricoverato per un attacco di nevrastenia. L’anno dopo comprò la libreria antiquaria nella quale avrebbe assiduamente lavorato per gran parte della sua vita e che è ancora oggi esistente.
In corrispondenza con il grande critico Giacomo Debenedetti, Saba strinse amicizia anche con Italo Svevo, per il quale provava una profonda ammirazione. Nel maggio del 1928 la rivista “Solaria” gli dedicò un numero monografico e l’anno dopo pubblicò la raccolta Preludio e fughe.
Nel 1929 entrò in cura dallo psicoanalista Edoardo Weiss, che contribuì sensibilmente a migliorare la sua malattia nervosa. Nel frattempo pubblicò varie nuove raccolte poetiche, ma la sua attenzione andò concentrandosi sulla ristampa aggiornata del Canzoniere, la quale, a causa delle leggi razziali e della guerra, dovette attendere fino al 1945 prima di vedere la luce per i tipi di Einaudi.
Tra il 1945 e il 1946 visse prima a Roma, poi a Milano. Nel ’47 fu costretto a rientrare a Trieste, dove attese alla stesura della Storia e cronistoria del Canzoniere, poi pubblicata nel
’48 presso Mondadori. Nello stesso anno uscì anche la terza edizione del Canzoniere (Torino, Einaudi), in cui vennero per la prima volta incluse le Mediterranee.
In seguito ad una vertenza legale tra Einaudi, Mondadori e Garzanti, quest’ultima casa editrice, rinunciando ad una parte di proprietà sui diritti, ottenne in cambio il permesso di pubblicare un’edizione di lusso del Canzoniere (1951). Negli ultimi anni tuttavia, in seguito all’aggravarsi della sua malattia mentale, entrò ed uscì in continuazione dalle cliniche. Nel 1953 ricevette la Laurea Honoris Causa dell’Università di Roma e compose il racconto “scandaloso” Ernesto, che uscirà incompiuto molti anni dopo la sua morte.
Saba si spense a Gorizia il 25 agosto del 1957, pochi mesi dopo la morte della moglie e senza aver potuto attendere alla definitiva edizione del Canzoniere, che fu edita da Einaudi in quello stesso anno.
Descrizione fisica. Un volume in 16mo di pp. 117. Brossura editoriale con titolo stampato a due colori e fregio tipografico sull’ultima di copertina. Nel 1912 le rimanenze dell’edizione furono messe in vendita dalla Libreria della Voce.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010