CROCE, Benedetto (1866-1952). Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Milano, R. Sandron, 1902.
PRIMA EDIZIONE dell’opera capitale del sistema filosofico di Croce, che è insieme un’estetica e una storia dell’estetica. Cominciata nel 1899 a Perugia, un primo abbozzo uscì l’anno dopo, come memoria per l’Accademia Pontaniana, con il titolo Tesi fondamentale di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale.
L’obiettivo principale dell’estetica di Croce è quello di sgomberare il campo dell’arte da ogni concezione naturalistica o intellettualistica. L’arte, in quanto espressione dell’intuito individuale, non può essere ricondotta ad altre discipline, ma è un’attività umana che si sviluppa liberamente ed autonomamente. Anche da un punto di vista storico, Croce rifiuta una filosofia della storia, perché a suo avviso la storia va studiata come sequenza di individualità e non come universale. L’estetica ha quindi il compito di mettere in evidenza le peculiarità di una specifica espressione artistica, inserendola nel contesto delle condizioni storiche da cui ha avuto origine.
Per almeno due generazioni, l’Estetica di Croce ebbe un ruolo determinante nell’impostare l’indirizzo della critica, soprattutto letteraria, nel nostro paese. Pochi altri libri hanno avuto un impatto altrettanto forte ed altrettanto duraturo.
Benedetto Croce nacque a Pescasseroli vicino L’Aquila. Educato a Napoli, nel 1883 si trasferì a Roma a casa dello zio Silvio Spaventa. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, frequentò le lezioni di filosofia morale di Antonio Labriola.
Nel 1886, senza conseguire la laurea, fece ritorno a Napoli. Cominciò ad interessarsi alla storia partenopea e, sempre attraverso il Labriola, con cui era rimasto in contatto, si avvicinò al socialismo e al marxismo. I suoi saggi di questo periodo vennero raccolti nel 1900 nel volume Materialismo storico ed economia marxistica.
Sul finire del secolo Croce iniziò il suo sodalizio con Giovanni Gentile, che portò alla fondazione de “La Critica”, uno dei più importanti periodici italiani del tempo, che uscì dal 1903 fino alla sua morte. Sempre nel ’03 egli conobbe Laterza, con il quale collaborò intensamente negli anni seguenti. L’editore barese non solo stampò le opere del Croce, ma anche le grandi collane da lui curate, come la “Biblioteca di cultura moderna” e gli “Scrittori d’Italia”.
Pur non avendo mai direttamente partecipato alla vita politica, nel 1910 Croce fu nominato senatore e, dieci anni più tardi, fu chiamato da G. Giolitti a ricoprire il dicastero della pubblica istruzione. Con l’avvento del fascismo, egli passò decisamente all’opposizione e nel 1925 pubblicò il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Rimase inoltre attivamente impegnato al Senato.
Dopo la fine della seconda guerra si adoperò per l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e partecipò come ministro senza portafoglio sia al secondo governo Badoglio che al primo governo Bonomi. Presidente del Partito Liberale e membro della Consulta, fu eletto deputato all’Assemblea Costituente. Nel 1947 fondò l’Istituto italiano per gli studi storici, la cui direzione fu assunta da Federico Chabod. Morì a Napoli il 20 novembre del 1952.
Croce fu senz’altro il più influente intellettuale italiano del primo Novecento. Egli dominò la scena culturale italiana, in positivo ed in negativo, con l’esempio della sua sterminata produzione storica e storico-letteraria e attraverso i suoi scritti di filosofia, che sancirono un netto spartiacque fra suoi seguaci e suoi oppositori.
Descrizione fisica. Un volume in 8vo di pp. XX, 550. Brossura editoriale.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010