LEOPARDI, Giacomo (1798-1837). Canti. Edizione corretta, accresciuta, e sola approvata dall’Autore . Napoli, Saverio Starita, 1835.
ULTIMA E PIÙ COMPLETA EDIZIONE delle poesie di Giacomo Leopardi pubblicata durante la vita dell’autore.
Rispetto all’edizione fiorentina di Guglielmo Piatti del 1831, che comprendeva in totale ventitre componimenti, di cui sei inediti (Il Risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore vagante dell’Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio), l’edizione napoletana fu estesa alle poesie del cosidetto “ciclo di Aspasia” (legate all’amore per Fanny Targioni Tozzetti, conosciuta a Firenze), alla Palinodia al marchese Gino Capponi e al Passero solitario, per un totale di undici nuovi componimenti. Essa raccoglie in sostanza l’intera produzione lirica del Leopardi, ad eccezione degli ultimi due canti, La ginestra e Il tramonto della luna, composti nel 1836 poco prima di morire.
A causa della censura, il piano editoriale stabilito fra Leopardi e Starita non fu condotto a termine. Oltre alle rime, fu pubblicato solamente il primo dei due volumi di prosa previsti, quello delle Operette morali, mentre i centundici Pensieri, per lo più ricavati dallo Zibaldone, rimasero inediti.
Primogenito del conte Monaldo, Giacomo Leopardi nacque a Recanati nello Stato Pontificio. Ricevette la prima istruzione in casa, seguito da precettori ecclesiastici sotto la supervisione del padre, che gli mise a disposizione la sua ricca biblioteca. Il giovane Giacomo mostrò una precocissima propensione allo studio e cominciò a comporre i primi scritti originali all’età di tredici anni. La notizia delle sue doti fuori dall’ordinario si sparse presto anche fuori dal paese natio. Amore volmente sostenuto da Pietro Giordani, con cui ebbe una fitta corrispondenza, il ventenne Leopardi fece il suo ingresso nel mondo dei maggiori classicisti italiani, quali Angelo Mai, prefetto dell’Ambrosiana e successivamente della Vaticana, Cesare Rosmini, Vincenzo Monti e Giuseppe Grassi.
Sono di questo periodo (1817-‘18) le due canzoni politico-patriottiche All’Italia e Sopra il monumento di Dante (stampate per la prima volta a Roma presso Francesco Bourlié nel 1818) e l’esordio dello Zibaldone, il celebre diario che Leopardi stese tra il 1817 e il 1832. Tra il 1819 e il 1820 compose invece i primi Idilli, ossia L’infinito, Alla luna, La sera del dì di festa, Il sogno, Lo spavento notturno e La vita solitaria, che, dopo una prima pubblicazione sul “Nuovo Ricoglitore” (1825, parte 2a e 1826, parte 1a), furono raccolti in volume solamente nel 1826 (Versi, Bologna, Stamperia delle Muse).
Nel 1819 Leopardi fece il primo tentativo di fuga dalla casa paterna, che fu tuttavia stroncato sul nascere. Nel 1820 scrisse e pubblicò (Bologna, Jacopo Marsigli) la canzone Ad Angelo Mai, vietata nel Lombardo-Veneto, nella quale, celebrando i grandi italiani del passato, mette in evidenza lo squallore del tempo presente. La condanna del «secol morto» e delle sue meschinità prosegue anche in Nelle nozze della sorella Paolina, A un vincitore nel pallone e nel Bruto minore (1821). Nelle canzoni Alla primavera e Ultimo canto di Saffo (1822) il tema del suicidio si carica invece di vene nostalgiche e intimistiche. Del 1822 è anche il grande affresco biblico Inno ai patriarchi.
Nel 1822-’23 Leopardi compì il primo viaggio a Roma, dove rimase profondamente deluso sia dalla città eterna che dagli intellettuali che la popolavano. Nello stesso anno scrisse la canzone Alla sua donna, l’ultima prima di un lungo silenzio poetico, che durò fino al 1828. A Bologna nel 1824, per i tipi del Nobili, pubblicò con il titolo Canzoni la sua prima raccolta poetica, comprendente tutte le canzoni, edite ed inedite, composte fino ad allora. La stampa fu curata dall’amico Pietro Brighenti, che si adoperò per trovare lo stampatore e per superare gli ostacoli della censura.
Negli anni seguenti, tuttavia, Leopardi non rimase inoperoso. Riprese in mano un progetto avviato prima del 1820 e lo condusse a termine. Nel 1827 diede infatti alle stampe la prima edizione delle Operette morali, una raccolta di brevi dialoghi allegorici con cui intese denunciare in chiave ironica la corruzione morale dei moderni e la presunzione degli uomini, i quali, ignari dell’infelicità cui sono destinati, si credono centro dell’universo e figli prediletti della natura. Nella seconda edizione fiorentina del 1834 l’autore incluse due operette composte nel 1832 (Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere e Dialogo di Tristano e di un amico), ma eliminò Il Copernico e il Dialogo di Plotino e di Porfirio. Intriso della lettura dei pensatori illuministi italiani e francesi (Verri, Beccaria, Helvétius, Voltaire, Rousseau, Montesquieu, ecc.), Leopardi accomuna l’odio per i moderni all’odio per la natura, matrigna ingannatrice, giungendo fino a negare la perfettibilità e il progresso del genere umano.
Tra il 1825 e il 1827, invitato dall’editore A.F. Stella a collaborare ad alcune sue iniziative editoriali, Leopardi compì un lungo viaggio che lo portò a visitare Bologna, Milano, Pisa e Firenze, dove presso il Gabinetto Vieusseux conobbe Vincenzo Gioberti. Per lo Stella egli curò, tra le altre cose, due antologie di autori italiani, la Crestomazia italiana e la Crestomazia italiana poetica, che furono stampate rispettivamente nel 1827 e nel 1828.
Il viaggio fece rinascere in lui l’ispirazione poetica, che si espresse a partire dal 1828 con le canzoni Il Risorgimento , A Silvia , Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e il Canto notturno di un pastore vagante dell’Asia, poi confluite nella prima edizione dei Canti del 1831.
Dopo il 1830 decise di lasciare definitivamente Recanati. Soggiornò dapprima a Firenze e a Roma, quindi dal 1833 fino alla morte a Napoli. Nell’aprile del 1836, per fuggire al caldo napoletano, si rifugiò in una villa alle pendici del Vesuvio. Qui compose gli ultimi canti, La ginestra e Il tramonto della luna, che furono pubblicati postumi nel primo volume della prima edizione delle Opere (Firenze, Le Monnier, 1845).
Leopardi morì a Napoli il 14 giugno del 1837. Dal 1939 i suoi resti si trovano presso la così detta tomba di Virgilio nel parco di Piedigrotta.
Descrizione fisica. Un volume in 12mo di pp. 177, (3). Nell’occhietto figura: Opere di Giacomo Leopardi, vol. I.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010