PORTA, Carlo (1775-1821). Poesie in dialetto milanese... coll’aggiunta d’una comitragedia scritta dal medesimo di compagnia con Tommaso Grossi. Milano, Vincenzo Ferrario, 1821.
PRIMA EDIZIONE POSTUMA. La prima consistente raccolta di componimenti poetici di Carlo Porta apparve solamente nell’ultimo periodo della sua vita. Due anni dopo la pubblicazione nel 1815 del Brindes de Meneghin, il tipografo milanese Giovanni Pirotta diede alle stampe, come dodicesimo volume della sua Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese , una scelta di suoi sonetti, sestine, ottave, quartine e odi, tra cui il celebre Lament del Marchionn di gamb avert.
L’edizione del 1821, uscita pochi mesi dopo la morte dell’autore, contiene per la prima volta la biografia scritta da Tommaso Grossi, la tragicommedia Giovanni Maria Visconti, Duca di Milano dello stesso Grossi e del Porta (primo esempio in Italia di testo teatrale realizzato a due) e numerosi componimenti inediti di quest’ultimo, tra cui i programmatici Mi romantegh! e El Romanticismo.
Della poetica romantica Porta mise in pratica quell’aspirazione ad un’interpretazione spontanea della vita e delle cose che non fosse condizionata dalle consuete mediazioni letterarie della nostra tradizione. Nell’ansia di libertà e di eguaglianza che emerge dalla sua opera, egli recupera la tradizione realistica e comica dei cantastorie dialettali, elevandola al rango della letteratura d’autore.
Carlo Porta nacque a Milano nel 1775, come documentato nei registri battesimali, o nel 1776, come da lui sostenuto. Di famiglia benestante, studiò fino a sedici anni in un collegio ecclesiastico, prima a Monza, poi a Milano.
Dopo un breve soggiorno in Germania, dove il padre lo aveva mandato a far pratica di commercio, richiamandolo però molto presto quando si accorse che il figlio aveva scelto di impratichirsi in altre discipline più amene, Porta ottenne un posto da impiegato presso l’ufficio delle finanze. Contemporaneamente cominciò a solcare i palcoscenici, sia come autore di canovacci che come attore.
Preoccupato per le sue frequentazioni filo repubblicane, il padre lo mandò a Venezia, dove egli riprese in breve la vita scapigliata che aveva condotto anche in Germania. Dopo la caduta della Serenissima, nel 1799 fece ritorno a Milano e cominciò a lavorare all’ufficio del debito pubblico.
Da quel momento egli rientrò nei ranghi, prese moglie e condusse una tranquilla esistenza borghese. Suo unico sfogo rimase l’attività poetica e teatrale, nata come passatempo domestico e goliardico da condividere con gli amici, tra i quali spicca il sodale Tommaso Grossi.
Nel 1800 divenne membro dell’Accademia letteraria milanese. Conobbe e fu rispettato da A. Manzoni e G. Berchet. Nel 1817 gli fu erroneamente attribuita la Prineide del Grossi e venne accusato di propaganda antiaustriaca. Porta morì a Milano nel 1821.
Descrizione fisica. Due volumi in 12mo di pp. 215, (1) + pp. 227 [mal numerate 127], (1). In antiporta al primo volume ritratto dell’autore inciso da Caronni su disegno di Longhi.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010