Un ricordo di Vittoria De Buzzaccarini
“Non capisce proprio niente. No! proprio niente”. Così mi raccontava Vittoria de Buzzaccarini – un giorno di tanti anni fa – accentuando volutamente il suo naturale rotacismo. Fingeva di prendersela con un suo conoscente, rinomato studioso di musica barocca, che l’aveva rimproverata di aver scritto un intero libro sui polsini e i colletti delle camicie. E proseguì, schiarita un poco la voce: “Frivolezze, dice lui. E forse è vero. Forse è stata una stupidaggine scrivere Fior di camicia e dedicare un intero libro all’uso di polsini, colletti e gemelli. Ma passando la vita a scrivere solo di Bach, non si fa altro che ricordare quanto sia grande quel musicista e piccino chi lo studia per capirlo. Io, parlando di camicie, questo rischio non lo corro…” Poi, attendendo l’effetto della sua stoccata, prese a fissarmi, sorridendo con quei suoi incredibili occhi, dove si specchiavano i colori del cielo, ma brillavano due pupille piccine, argute, capaci di pungere come spilli.
Ed oggi, alla notizia della scomparsa, voglio ricordarla proprio così: briosa, infaticabile animatrice della bibliofilia italiana e sempre mordace padrona della scena, nel nostro mondo di piccole e grandi cose di carta, oggetti che sentiva importanti, che sapeva ‘rendere importanti’. Ma sempre “con attenzione e misura”, avrebbe suggerito, “e senza mai – per queste – prendersi troppo sul serio”.
A nome di tutti noi librai ALAI, dunque, la saluto e ringrazio per “Charta” e per tutte le altre riviste cui ha dato vita. E voglio dirle grazie anche per le sue iniziative delle “Cattedre ambulanti”, di “Salviamo un Codice”, ma le resto grato, soprattutto, per l’energia gioiosa, l’elegante generosità e… la saggia ironia, con cui ha sempre seguito le nostre vicende di librai. E se da qualche parte ci vede, ci sente ancora, torno ad inviarle un bacio affettuoso, lo stesso che tutti le donammo lo scorso febbraio, ospiti nella sua Venezia, vedendola brindare felice e commossa in mezzo a noi.
Giovanni Biancardi