BARBIERI, Nicolò (1576-1641). La Supplica discorso famigliare di Nicolò Barbieri detto Beltrame diretta a quelli che scrivendo o parlando trattano de comici trascurando i meriti delle azzioni virtuose. Lettura per que’ galanthuomini che non sono in tutto critici, ne affatto balordi. Venezia, Marco Ginammi, 1634.
PRIMA EDIZIONE, dedicata al re di Francia Luigi XIII, di questa celebre apologia della Commedia dell’Arte, uno dei testi più significativi scritti da un comico in difesa della sua professione.
Come conseguenza dell’irrigidimento culturale seguito al Concilio di Trento, si ebbe una vera e propria mobilitazione contro i comici di professione e la “commedia mercenaria” (contrapposta a quella accademica e colta concepita come passatempo letterario), che si concretizzò in una proliferazione di trattati moralistici e in un moltiplicarsi di omelie e iniziative dichiaratamente ostili da parte delle autorità religiose. Il disprezzo per il comico e la sua professione, situata a metà tra il buffone e il ciarlatano, significò per alcuni grandi attori dell’Arte (in particolare G.B. Andreini e P.M. Cecchini) ripensare il proprio ruolo sociale e acquisire consapevolezza della propria dignità culturale.
Quanto questo problema fosse sentito anche dal Barbieri, è testimoniato dal lavoro di approfondimento cui egli sottopose la sua difesa dei comici: dal Trattato dell’arte comica (1627, ristampato in appendice a La Supplica) al Discorso famigliare (1628), dal Prologo de L’Inavertito (1629) alle due edizioni de La Supplica (1634 e 1638), la prima delle quali è quella in cui meglio si colgono gli spunti polemici dell’autore, un po’ smorzati e ammorbiditi nella revisione successiva.
Dalla lettura de La Supplica emerge con chiarezza come Barbieri consideri importante la commedia non solo per i suoi aspetti ludici, ma anche dal punto di vista educativo, perché essa, meglio del teatro di collegio, sa esprimere la vita multiforme ed articolata delle città, la varietà degli individui e dei gruppi umani, che non sono riconducibili alla rigidità di un unico principio, né tantomeno si rispecchiano nei luoghi ideali delle utopie filosofiche e religiose.
La complessità di immagini, proverbi, espressioni idiomatiche e similitudini in cui si articola l’opera, non è solo frutto di una scelta stilistica, ma ribadisce la volontà dell’autore di cogliere le mille sfumature del reale.
Nicolò Barbieri, vercellese, nel 1596 fuggì di casa per seguire un saltimbanco. Dal 1600 al 1604, anno della morte di Isabella Andreini, fece parte della Compagnia dei Gelosi. Nel 1606 entrò nella Compagnia dei Fedeli, nel 1611 in quella dei Confidenti. Dopo aver peregrinato fra tutte le maggiori città italiane, tra il 1623 e 1626 visse a Parigi, dove godé della stima di Luigi XIII, che lo considerò, insieme a G.B. Andreini e F. Gabrielli, il più illustre comico del tempo.
La grande umanità del Barbieri, che traspare chiaramente dalle pagine de La Supplica, si riflette anche nel suo personaggio di Beltrame, servo e compare bergamasco, ma soprattutto buon uomo, buon marito e onesto mercante.
Descrizione fisica. Un volume in 8vo di pp. (14), 233, (3) e una carta bianca finale. Bellissimo frontespizio inciso in rame raffigurante l’autore nelle vesti della sua più celebre maschera, Beltrame, nell’atto di sostenere un cartiglio contenente il titolo dell’opera. Le ultime tre pagine contengono l’elenco dei Libri stampati da Marco Ginammi alla Libraria della Speranza.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010