CESALPINO, Andrea (ca. 1524-1603). Peripateticarum quaestionum libri quinque. Venezia, Lucantonio Giunta, 1571.
PRIMA EDIZIONE dell’opera più significativa del celebre medico e botanico Andrea Cesalpino.
In essa, pur rimanendo entro i confini della fisica aristotelica, egli non mancò di esercitare il proprio spirito critico e giunse a notevoli intuizioni in materia di generazione spontanea degli organismi, di ereditarietà, di maree (influenzando anche Galileo) e di conservazione della forza in ambito fisico. Ma soprattutto Cesalpino descrisse con grande chiarezza la circolazione sanguigna. Contro le teorie galeniche egli sostenne che è il cuore (e non il fegato o il cervello) il vero centro propulsore del sangue e dimostrò di conoscere su base sperimentale l’importanza delle valvole cardiache, la differenza fra vene ed arterie, la funzione dei vasi capillari e della doppia circolazione.
Pare difficile, e forse futile, stabilire oggi se il primato di scopritore della circolazione sanguigna spetti a Cesalpino, a William Harvey, cui solitamente è attribuita, o all’umanista spagnolo Michele Serveto, che la descrisse per primo nel 1553 all’interno di un trattato teologico. Le tre esposizioni segnano ciascuna una tappa nel lento processo di liberazione dalla soffocante autorità dei filosofi e dei medici antichi, che portò alla nascita e alla graduale affermazione del metodo sperimentale.
Andrea Cesalpino, originario di Arezzo, nel 1544 cominciò a seguire le lezioni di medicina presso lo Studio pisano, dove ebbe come maestri Realdo Colombo, Guido Guidi e il botanico Luca Ghini. Nel 1555 fu nominato prefetto dell’Orto botanico di Pisa, uno dei più antichi d’Italia, e lettore dei semplici.
A Pisa insegnò per circa trentasei anni, prima botanica e poi medicina. Tra i suoi collaboratori più stretti spicca l’allievo Michele Mercati, con cui Cesalpino girovagò per l’Italia alla ricerca di semplici. Nel 1589, in seguito ad una disputa con Francesco Vieri, lettore di filosofia, Cesalpino fu accusato di diffusione di idee telesiane ed allontanato dall’insegnamento.
Nel 1592 Clemente VIII lo chiamò a Roma in qualità di archiatra pontificio, carica che mantenne fino alla morte. Tra le sue opere ricordiamo il De plantis (Firenze, 1583) e il De Metallicis libri tres (Roma, 1596), uno dei primi tentativi di classificazione sistematica dei minerali, che in parte completa la celebre Methallotheca dell’allievo M. Mercati, prema turamente scomparso nel 1593.
Descrizione fisica. Un volume in 4to di cc. (14), 128.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010