GAURICO, Pomponio (ca. 1481-1530). De sculptura. Ubi agitur de symetriis. De lineamentis. De physiognomonia. De perspectiva. De chimiae. De ectyposi. De celatura, eiusque speciebus. Praeterea de caeteris speciebus statuariae. De plastice. De proplastice. De paradigmatice. De tomiae. De colaptice. De claris sculptoribus. Ac plerisque aliis rebus scitu dignissimis. (Firenze), [Filippo Giunta], (25 dicembre 1504).
PRIMA EDIZIONE, patrocinata da Bernardo Rucellai, di quello che viene considerato come il primo trattato a stampa di storia dell’arte.
Scritto in forma di dialogo, il De sculptura rappresenta un documento di primaria importanza sulla scuola bronzistica padovana. La scena si svolge nell’atelier dell’autore, che per un breve periodo si dedicò personalmente alla scultura. Gli interlocutori sono lo stesso Gaurico, Raffaele Regio e Niccolò Leonico Tomeo, che anche nella realtà era un appassionato collezionista d’arte.
Dopo aver elogiato la figura dello scultore, che oltre a padroneggiare le discipline matematiche deve possedere una buona cultura letteraria ed antiquaria, Gaurico affronta tecnicamente la classificazione dei vari generi di scultura e discute di proporzioni, di prospettiva, di fisionomia e della difficoltà di rendere vive le opere scultoree. Traccia infine una breve storia della scultura, in cui fornisce importanti notizie sulla vita di numerosi artisti.
Ristampata ad Anversa nel 1528 e a Norimberga nel 1542, l’opera ebbe un notevole influenza anche fuori dall’Italia. Posta a metà strada fra i trattati di Leon Battista Alberti e le Vite del Vasari, essa testimonia del prestigio conquistato dalle arti figurative negli ambienti umanistici.
Pomponio Gaurico, fratello del celebre astrologo Luca, nacque a Gauro vicino Salerno.
Dopo aver compiuto, forse per motivi di studio, un viaggio a Costantinopoli, nel 1501 s’immatricolò all’Università di Padova, dove si trovava anche il fratello. Nello studio patavino approfondì la conoscenza del greco sotto Niccolò Leonico Tomeo e Marco Musuro e frequentò i corsi di filosofia di Pietro Pomponazzi, avendo come compagni di studi Girolamo Fracastoro, Gaspare Contarini, Andrea Navagero e Pierio Valeriano.
Dopo la sconfitta veneziana ad Agnadello e la conseguente temporanea chiusura dello Studio, nel 1509 si recò a Roma, dove rimase per circa tre anni. In quegl’anni conobbe il fiorentino Francesco Pucci, cui dedicò il suo commento all’Arte poetica di Orazio. Trasferitosi a Napoli, tenne fino al 1519 la lettura di “umanità” presso il locale Studio e frequentò il cenacolo di letterati che si riuniva attorno a Jacopo Sannazaro. Morì tra il 1528 e il 1530 in circostanze misteriose, forse ucciso dai soldati francesi durante l’assedio di Napoli.
Descrizione fisica. Un volume in 8vo di cc. 48 non numerate.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010