BIONDO, Flavio (1392-1463). Italia illustrata. (Roma, Giovanni Filippo de Lignamine, dicembre 1474).
PRIMA EDIZIONE della prima descrizione storico-geografica dell’Italia mai pubblicata. Dedicata dal figlio dell’autore Gaspare Biondo al vescovo di Brescia Domenico Domenici, che lo aveva esortato a dare alle stampe l’opera del padre, l’Italia illustrata fu composta su richiesta di Alfonso d’Aragona fra il 1448 e il 1451, in parte a Monte Scutulo vicino Rimini, in parte in una villa situata a Blasiano, sempre in Romagna. Nella dedica Gaspare informa di aver sottoposto il testo ad una accurata revisione e di avervi aggiunto l’indice.
La penisola viene divisa in diciotto regioni, delle quali vengono indicati i confini, descritte le principali città e ricordate le vicende storiche e gli uomini più celebri nel campo delle lettere, delle arti e della politica. La parte relativa a Roma è relativamente trascurata, perché ad essa l’autore aveva già dedicato la sua Roma instaurata (Roma, 1471). Oltre alle informazioni geografiche e storicoarcheologiche, Biondo fornisce anche interessanti notizie d’attualità, in particolare sul mondo umanistico, di cui egli stesso faceva parte.
L’Italia illustrata vuole essere al contempo una guida alla conoscenza dei luoghi (con le relative opere d’arte, i monumenti, i luoghi sacri, le bellezze naturali, le vie di comunicazione, ecc.) ed un prontuario storico, che mette costantemente a confronto l’Italia di epoca romano-imperiale con quella contemporanea. Nella parte riguardante gli elogi di personaggi illustri, Biondo dà prova di intuito ed originalità grazie a riconoscimenti precoci e non scontati.
Nonostante le numerose inesattezze, l’opera ebbe un grande successo e fu più volte ristampata e tradotta in italiano da Lucio Fauno (Venezia, 1542). Il suo uso come testo primario durò fino all’uscita della Descrittione di tutta l’Italia (1550) di L. Alberti.
Originario di Forlì, Flavio Biondo si formò a Piacenza, dove ai primi del secolo aveva sede lo Studio generale del Ducato di Milano, prima che nel 1412 fosse trasferito a Pavia. In quegl’anni entrò in contatto con gli ambienti umanistici milanesi, in particolare con P.C. Decembrio. Nel 1420 a Verona conobbe Guarino Veronese, dal quale fu introdotto allo studio di Cicerone. Nel 1422, proprio per conto di Guarino, trasse una copia del codice ciceroniano di Lodi contenente il Brutus.
Nel 1423 fu costretto ad allontanarsi per motivi politici dalla sua città natale e si trasferì a Vicenza in qualità di segretario del podestà di Treviso. Nel 1425 gli venne revocato il bando e poté poco dopo far ritorno a Forlì, dove entrò alle dipendenze del governatore ecclesiatico D. Capranica. Verso la fine del 1432 Biondo fu chiamato a Roma e nominato notaio della camera apostolica e nel 1434 segretario pontificio, cominciando così una brillante carriera curiale. Tra i più fidati collaboratori di Eugenio IV, partecipò attivamente all’organizzazione e ai lavori del concilio di Ferrara-Firenze.
Dagli ambienti umanistici fiorentini, dominati dalla figura di Leonardo Bruni, Biondo prese lo stimolo per scrivere un’opera storica, cui attese per molti anni, portandola a termine nel 1453 con il titolo Historiarum ab inclinatione romani imperii decades. Nel 1448, caduto in disgrazia presso la curia di Niccolò V, si ritirò nelle sue proprietà in Romagna. Nel 1453 fu riabilitato a Roma, ma non ebbe più il ruolo di rilievo del precedente incarico.
Frequentatore della biblioteca del Bessarione, negli ultimi anni compose l’ultima sua fatica, la Roma triumphans, sulla vita pubblica e privata di Roma antica, e si dedicò a rivedere ed aggiornare le sue opere precedenti. Morì a Roma il 4 giugno del 1463.
Descrizione fisica. Un volume in folio di cc. (174), comprese le bianche 1 e 18.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010