Italian Classics
La poesia volgare in formato tascabile - 1501

Data 01/12/2020       Categoria Italian Classics
Autore Admin

La poesia volgare in formato tascabile - 1501

PETRARCA, Francesco (1304-1374). Le cose volgari di messer Francesco Petrarcha. Venezia, Aldo Manuzio, luglio 1501.

 

PRIMA EDIZIONE ALDINA del Canzoniere di Francesco Petrarca, il secondo grande testo progenitore della nostra letteratura, che raccoglie componimenti poetici (sonetti, canzoni, madrigali e sestine) ispirati all’amore per Laura (in vita e in morte), liriche d’occasione, rime politiche e una solenne canzone conclusiva alla Vergine.

Primo bestseller in volgare letto per intrattenimento nelle corti, imitato dai poeti colti, musicato ed intonato nelle piazze da musicisti e saltimbanchi, i Rerum vulgarium fragmenta, come li aveva chiamati l’autore, divennero nel corso del Cinquecento un classico europeo, destinato ad influenzare non solo la lirica italiana, ma anche quella francese (attraverso Maurice Scève e i poeti della Pléiade) e quella inglese di epoca elisabettiana.

Il testo dell’edizione aldina fu curato dal giovane Pietro Bembo sulla base di un presunto autografo del poeta. Così è scritto nella sottoscrizione finale e così è ribadito nell’avviso ai lettori. In realtà Aldo Manuzio si servì del codice Vaticano lat. 3197 di mano dello stesso Bembo, fondato per il Canzoniere su due codici antichi ed autorevoli, prima di essere completato con la trascrizione degli ultimi componimenti direttamente dall’autografo del Petrarca (l’attuale Vaticano lat. 3195) e poi collazionato integralmente su di esso.

Pietro Bembo conobbe Aldo Manuzio tramite il protettore di quest’ultimo, Alberto Pio da Carpi, e aderì immediatamente al suo programma editoriale, apportandovi idee innovative. Nel giro di due anni, tra il 1501 e il 1502, Manuzio cominciò a lanciare le stampe in carattere corsivo e formato tascabile di testi essenziali per ogni persona colta: prima Virgilio e Orazio, quindi Petrarca e Dante.

La grande novità di questa operazione risiede nel fatto che i due autori volgari furono messi sullo stesso piano dei due classici e i loro testi sottoposti allo stesso scrupolo editoriale. Partendo dall’assunto, poi teorizzato nelle Prose della volgar lingua (1525), che il volgare trecentesco fosse più puro e nobile di quello in uso nel mondo accademicoumanistico e cortigiano del tempo, Bembo operò sistematicamente per ripulire i testi di Petrarca e di Dante dai ritocchi quattrocenteschi. Così facendo, pose le basi della filologia volgare e codificò le edizioni standard delle due celebri “Corone” per i secoli a venire.

Il Canzoniere di Aldo è inoltre il primo libro in italiano impresso nel carattere corsivo aldino intagliato da Francesco Griffo, utilizzato per la prima volta solo tre mesi prima nell’edizione di Virgilio. Ideato e fortemente voluto da Manuzio, che per esso ottenne anche un privilegio, l’italico rivoluzionò l’arte tipografica, favorendo la stampa dei piccoli formati. Questi erano parte essenziale del programma editoriale aldino, che intendeva mettere a disposizioni di studenti e studiosi i migliori testi dei classici greco-latini e volgari.

Poco tempo dopo la pubblicazione del volume, Aldo stampò quattro carte di avviso ai lettori e di errata, per rispondere alle critiche che avevano accolto l’uscita del volume. Ai suoi detrattori, che negavano l’attendibilità del testo, egli ribadiva l’autografia della propria fonte e quindi l’assoluta correttezza dell’edizione ed annunciava l’uscita a breve di un’edizione dantesca altrettanto scrupolosa. Questa postilla costituisce un documento molto importante, perché in essa, per la prima volta, la letteratura volgare assume ufficialmente quell’attenzione filologica che gli umanisti avevano riservato fino ad allora esclusivamente al latino.

Sia dal punto di vista tipografico, che dal punto di vista culturale, il Petrarca di Aldo, che fu ristampato nel 1514, nel ’21, nel ‘33 e nel ’46, segnò una profonda rottura con la tradizione quattrocentesca e con le edizioni che l’avevano preceduto. Dopo l’ editio princeps, stampata a Venezia da Vindelino da Spira nel 1470, il Canzoniere andò incontro ad una lunga serie di edizioni commentate.

La prima fu quella del 1471 con il commento di Antonio da Tempo, giudice padovano attivo fra il 1329 e il 1338. A Bologna nel 1476 fu dato alle stampe il fortunato commentario che il celebre umanista Francesco Filelfo aveva composto intorno al 1446. Nel 1484 uscì l’edizione veneziana di Piero de Plasiis che aggiungeva a quello del Filelfo il commento di Girolamo Squarzafico, letterato e professore di letteratura greca e latina ad Alessandria, e per i Trionfi la sposizione di Bernardo Lapini detto Illicino, medico e letterato senese nato intorno al 1430. Nel 1503 al commento FilelfoSquarzafico venne unito quello di Antonio da Tempo. Nel 1508 Gregorio de’ Gregori stampò per la prima volta in formato in quarto il testo con i tre commenti, inaugurando un tipo di edizione comoda e fruibile, che sarà imitata a più riprese da Bernardino Stagnino (1513, ’19 e ’22).

Nel 1525 il lucchese Alessandro Vellutello pubblicò la propria edizione commentata del Canzoniere (Le cose volgari del Petrarca, Venezia, Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio e fratelli), destinata a soppiantare le precedenti e ad avere ampissima diffusione. Egli ritenne che l’ordinamento delle rime dell’edizione aldina non fosse quello originale e, in aperta polemica con il Bembo, che in quello stesso anno pubblicava le Prose della volgar lingua, ne ridisegnò la disposizione sulla base dell’assunto che il tempo dell’opera e il tempo di composizione, i dati interni e i dati esterni al testo dovessero necessariamente corrispondere. Nonostante le evidenti forzature causate da questo approccio estetico-filologico, al Vellutello va ascritto il merito di aver per primo affrontato il problema dell’ordinamento dei componimenti del Canzoniere petrarchesco. La sua operazione editoriale, che seppe intercettare il gusto del largo pubblico per l’esegesi e l’abbondanza di notizie biografiche sull’autore, segnò in un certo senso un passo indietro, un ritorno al passato rispetto all’autorevolezza sobria ed essenziale dell’aldina del 1501. Vellutello fu il commentatore più letto di tutto il secolo.

Nel giro di due anni, tra il 1532 e il 1533, videro la luce tre importanti commenti petrarcheschi, quello di Marco Silvano da Venafro apparso a Napoli e quelli, editi a Venezia, di Sebastiano Fausto da Longiano e Giovanni Andrea Gesualdo. Di questi tre, solo il Gesualdo, che era stato allievo a Napoli di Antonio Minturno, riuscì parzialmente a scalfire il successo commerciale del commento di Vellutello.

Discreto successo ebbe pure un’altro celebre commento al Canzoniere e ai Trionfi, quello che Bernardino Daniello pubblicò presso i torchi veneziani dei fratelli Nicolini da Sabbio nel 1541 e poi di nuovo nel 1549. Il Daniello, che era allievo di Trifone Gabriele e quindi proveniva dall’entourage del Bembo, ebbe modo di visionare i documenti autografi del Petrarca che il gruppo custodiva quasi come una reliquia e decise di aggiungere nella sua edizione delle varianti d’autore, promuovendo un’iniziativa filologica di grande rilevanza e assolutamente innovativa nella storia della letteratura italiana.

Ultimo commento di successo del Cinquecento fu quello che Lodovico Dolce curò per il tipografo veneziano Gabriel Giolito de’ Ferrari, il quale nei primi anni Quaranta del secolo aveva già ripetutamente ristampato il Petrarca di Vellutello. A partire dall’edizione in 12mo del 1547, Giolito rieditò a più riprese e in vari formati il Canzoniere, aggiungendovi sempre nuovi apparati curati dal menzionato Dolce in collaborazione con Giulio Camillo.

Francesco Petrarca nacque ad Incisa (Arezzo) nel 1304. Il padre notaio, dopo un breve soggiorno a Pisa nel 1310, condusse la famiglia ad Avignone, divenuta da poco sede della corte papale. Francesco compì i primi studi a Carpentras, Montpellier e Bologna. Rientrato in Francia dopo la morte del padre, nel 1327 conobbe Laura, la celebre musa ispiratrice del Canzoniere. Entrato al servizio del cardinale Giovanni Colonna, compì un lungo viaggio, che lo portò anche a visitare le rovine di Roma.

Bisognoso di pace e tranquillità, nel 1337 si stabilì a Vaucluse, lontano dai clamori della corte avignonese. In questi anni compose l’Africa e il De viris illustribus. Nel 1341 ottenne a Roma l’incoronazione poetica. Del 1343 è il Secretum, dialogo latino fra l’autore e S. Agostino.

Nel 1351 fu invitato dal Boccaccio ad assumere l’insegnamento presso lo Studio fiorentino, a testimonianza della fama di cui ormai godeva in Italia e nel resto d’Europa. Dopo vario girovagare, nel 1353 si stabilì a Milano al servizio dei Visconti, dove rimase per circa otto anni, svolgendo missioni diplomatiche e compiti cancellereschi. Negli ultimi anni di vita, passati fra Venezia e Padova, egli attese alla sistemazione della sua opera.

Raccolse le proprie lettere e redasse varie copie manoscritte del Canzoniere, che, cominciato probabilmente nel 1336, fu ripreso, rimaneggiato e corretto a più riprese fino alla redazione definitiva espressa nel codice Vaticano 3195. Petrarca morì ad Arquà nel 1374.

 

Descrizione fisica. Un volume in 8vo di cc. 192 non numerate. I fogli z4 e A8 sono bianchi.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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