[PAOLO IV (Gian Pietro Carafa, 1476-1559)]. Index auctorum, et librorum, qui ab Officio Sanctae Rom. et universalis Inquisitionis caveri ab omnibus et singulis in universa Christiana Republica mandantur, sub censuris contra legentes, veltenentes libros prohibitos in bulla, quae lecta est in Coena Domini expressis, et sub alijs poenis in decreto eiusdem sacri officij contentis. (Roma, Antonio Blado, [dicembre] 1558).
PRIMA EDIZIONE del primo Indice dei libri proibiti promosso dall’autorità papale.
La prima versione, pubblicata nel 1557 dallo stesso Blado con il titolo Index auctorum, et librorum qui tanquam haeretici, aut suspecti, aut perniciosi, ad officio S. Rom. Inquisitionis reprobantur (di questa edizione una sola copia è sopravvissuta), non ebbe diffusione perché giudicata scorretta ed insufficiente.
Dopo la prima edizione del 1558, l’Index di Paolo IV fu ristampato numerose volte nel corso del 1559: Roma, Antonio Blado, nel gennaio (in 4to e in 12mo); Roma, Valerio Dorico; Roma, Ippolito Salviani; quindi Bologna, Napoli, Rimini, Venezia, Genova, Novara, Milano, Palermo, Cremona, Camerino, Lucca, Avignone e Coimbra.
La Chiesa Cattolica cominciò ad interessarsi alla regolamentazione e al controllo della produzione libraria già a partire dal 1487, quando Innocenzo VIII promulgò la prima bolla papale di censura. Nel 1515 Leone X pubblicò la bolla Inter Solicitudines, con la quale sanciva che ogni testo destinato alla stampa dovesse prima ricevere l’approvazione dell’autorità religiosa. Nelle Bullae Coenae Domini, un tipo di decreto papale contenente una serie di scomuniche, furono poi aggiunte condanne nei confronti di opere eretiche. Nel 1542 fu istituita l’Inquisizione Romana. Ciò nonostante, l’Indice romano non fu il primo in assoluto ad apparire.
Il primo Indice di libri proibiti stampato in Italia è considerato quello promosso dal comune di Lucca nel 1545. Ad esso fece seguito il celebre Catalogo de’ libri che Monsignor Giovanni della Casa realizzò a Venezia nel 1549. Altri Indici apparvero a Firenze nel 1552 e a Milano e Venezia nel 1554. Nessuno di essi è conosciuto attraverso l’edizione originale, ma solamente grazie alle ristampe che ne diede Pier Paolo Vergerio. Questi, fuoriuscito convertitosi al protestantesimo, aveva polemicamente ripubblicato gl’Indici italiani in Germania, accompagnandoli con le proprie sarcastiche annotazioni.
Anche fuori dall’Italia, prima che quello romano facesse la sua apparizione, numerosi Indices erano stati promossi dalle autorità civili e religiose locali a partire dai primi anni Quaranta del Cinquecento. In Francia la facoltà teologica della Sorbona aveva ricevuto incarico dal re di occuparsi di censura libraria. L’imperatore si serviva invece della collaborazione dell’Università di Lovanio nel Nord Europa e di quella dell’Inquisizione spagnola per la penisola iberica.
L’Index di Paolo IV, estremamente restrittivo in conformità alla personalità autoritaria del suo promotore, fu redatto soprattutto sul modello del Catalogo di Della Casa e dell’Indice di Lovanio del 1558. Ma esso si servì anche dell’involontario supporto della Bibliotheca universalis di Conrad Gesner (1545).
Oltre agli scritti degli eretici e dei riformati, furono messi al bando il De Monarchia di Dante e le opere di Erasmo, N. Machiavelli, F. Guicciardini e L. Valla, mentre il Decamerone, per poter circolare, fu condannato ad essere severamente espurgato. Fu inoltre stilato un elenco di tipografi, la cui intera produzione era da considerarsi pericolosa. L’Indice, disposto in ordine alfabetico, proibiva poi tutte le edizioni della Bibbia e tutti i testi liturgici non autorizzati, nonché tutte le opere considerate oscene e immorali.
Nonostante la grande autorità del pontefice, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, l’ Index romano non ebbe da subito un’applicazione universale. Fuori dai confini dello Stato della Chiesa gli altri prelati e gli inquisitori avevano l’incarico di vigilare sul suo rispetto. Ma la sua efficacia variò considerevolmente da stato a stato. Esso, per esempio, non venne accolto a Venezia e il papa dovette presto rassegnarsi ad accettare il fatto che re, università ed uffici inquisitoriali locali continuassero a produrre propri Indici anche dopo il 1559.
Nel 1564, in conclusione dei lavori del Concilio di Trento, Paolo Manuzio pubblicò a Roma il primo Index promosso dall’autorità conciliare. Esso, pur richiamandosi direttamente a quello di Paolo IV, introdusse importanti novità, tra cui le celebri “Dieci Regole”, e divenne il modello per tutte le successive revisioni. Grazie ad esso e alla creazione nel 1571 della Congregazione dell’Indice, la Chiesa Romana giunse ad estendere la sua influenza in materia di censura libraria anche fuori dai propri confini.
Fino circa al 1961 sono stati pubblicati oltre quaranta Indici di libri proibiti. Per gli storici essi hanno il merito di aver conservato la memoria di testi di cui altrimenti non sarebbe rimasta traccia. Nella pratica infatti i libri condannati venivano raccolti e bruciati.
Descrizione fisica. Un volume in 4to di cc. (34). Titolo entro bordura architettonica. Testo riquadrato. Il breve papale che accompagnò l’uscita dell’Index è datato 21 dicembre 1558. Si conoscono tre tirature di questa prima edizione in 4to: una senza il colophon, una con il colophon ma senza la data ed una recante i dati completi.
L’edizione di Blado del gennaio 1559 si differenzia dalla precedente perché reca le note tipografiche sul frontespizio (nel quale per far posto viene eliminato il fregio superiore della cornice), anziché in fine; inoltre presenta 36 carte, in quanto contiene il testo del Decreto che fu affisso in San Pietro e in Campo de’ Fiori il 30 dicembre del 1558. In alcuni esemplari poi l’ultima carta è bianca, mentre in altri vi è stampato al recto il De libris orthodoxorum patrum, estratto dall’Instructio circa indicem, che, promulgata nel febbraio del 1559 per mitigare la severità dell’Index, rendeva possibile la lettura dei testi canonici anche nelle edizioni commentate dagli autori condannati.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010